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martedì 19 marzo 2013


Nella notte entreremo a rubare un ramo fiorito. Passeremo il muro, nelle tenebre del giardino altrui, due ombre nell'ombra.
Ancora non se n'è andato l'inverno, e il melo appare trasformato d'improvviso in cascata di stelle odorose. Nella notte entreremo fino al suo tremulo firmamento, e le tue piccole mani e le mie ruberanno le stelle.
E cautamente nella nostra casa, nella notte e nell'ombra, entrerà con i tuoi passi il silenzioso passo del profumo e con i piedi stellati il corpo chiaro della Primavera.

Pablo Neruda

Mesa Verde: l'ascesa e l'enigmatica scomparsa degli Anasazi.



Il Parco Nazionale di Mesa Verde è una vasta area archeologica situata nello stato del Colorado, nella contea di Montezuma.
 La zona si estende su una superficie di 211 chilometri quadrati e comprende numerosi insediamenti antichi di un popolo ancestrale denominato Anasazi. Si tratta di villaggi costruiti nel corso del XIII secolo, realizzati all'interno degli incavi delle colline rocciose, i “cliff dwellings”
 L'insediamento più conosciuto è quello di Cliff Palace. Mesa Verde è un nome spagnolo che significa “tavolo verde”, mentre Anasazi è il termine navajo che si può tradurre con “antenati” o “antenati nemici”.
 Anche se gli Anasazi non hanno sviluppato un sistema di scrittura, ciò che hanno lasciato a livello architettonico, assieme alle tradizioni orali, hanno permesso ai ricercatori di ricostruire il passato di questo antico popolo.
 Mesa Verde è inserita in una regione più ampia definita dai ricercatori come Crow Canyon Archeological Center, un territorio di oltre 26 mila chilometri quadrati che attraversa gli stati dello Utah, Colorado e New Mexico. Era un luogo molto duro per guadagnarsi da vivere, con inverni molto freddi e nevosi, alternati ad estati torride e lunghi periodi di siccità. “Vivere dei frutti della terra è sempre stata, e continua ad essere, una sfida per affrontare la quale le popolazioni di ogni tempo hanno escogitato le tecniche più ingegnose”, commentano i ricercatori del Crow Canyon. 
Gli archeologi hanno denominato le popolazioni che hanno occupato il sito a partire dal 500 d.C. come “basketmakers”, a motivo del ritrovamenti di cestini finemente intrecciati. Dal punto di vista agricolo, le coltivazioni comprendevano mais, zucche e fagioli, integrando l'alimentazione con la caccia e la raccolta di vegetali selvatici. Ciò che stupisce della popolazione Anasazi è la sofisticata tecnica di costruzione delle loro abitazioni, concettualmente semplici, composte da un focolare, una conserva e un luogo per dormire. L'entrata si trovava sul tetto e vi si accedeva tramite una scala, in quanto le abitazioni erano in parte sotterranee, per mantenere il luogo fresco in estate e caldo in inverno.

Nei villaggi sono stati ritrovati degli ampi edifici anche di 100 metri quadrati, detti “grandi kive”, nei quali si pensa fossero utilizzati dai membri del villaggio per incontri pubblici di socializzazione, matrimoni o soluzione di problemi importanti. Questo stile di vita sembra aver funzionato per parecchio tempo.

 Secondo un articolo pubblicato da America Antiquity, la popolazione di Mesa Verde tra il 700 e l'850 d.C. è quasi raddoppiata. E' in questo periodo che compaiono edifici sempre più grandi e l'ampliamento delle strutture già esistenti, realizzate con mattoni, pietra e materiali vegetali, diventando sempre più complesse col passare del tempo. Ma nel momento in cui gli Anasazi hanno raggiunto l'apice del loro sviluppo, improvvisamente è successo qualcosa che ha spinto le persone a lasciare il sito in massa. 
Lo studio di America Antiquity rivela che tra l'850 e il 930, Mesa Verde ha visto diminuire drammaticamente la sua popolazione, raggiungendo un livello poco superiore allo zero. Alcune recenti ricerche suggeriscono che un repentino cambiamento climatico potrebbe aver spinto gli Anasazi ad abbandonare il sito. “Presumibilmente, i settori più produttivi della zona hanno sofferto il brusco calo delle temperature intorno al 900 d.C., compromettendo i raccolti del mais. Gli inverni secchi devono aver aggravato il problema”, scrive American Antiquity.

Ma l'ondata di freddo non durò e dopo il 930 d.C., i reperti indicano un ritorno della popolazione nella regione.
 Il ritorno degli Anasazi segna anche il tempo della costruzione di “grandi kiva” molto più ampie, utilizzate come strutture pubbliche e come depositi collettivi. Dopo il 930, la popolazione ha ripreso a crescere fino a fermarsi nel XIII secolo. Durante questo intervallo di tempo sono state realizzate le abitazioni rupestre più complesse. Il National Park Service ha catalogato la presenza di circa 600 di queste strutture.
 “Molte delle abitazioni rupestri sono di piccole dimensioni, realizzate in nicchie o grotte poco profonde e con una o massimo due camere”, spiega l'archeologo Larry Nordby. Ma fu realizzata anche una delle strutture a scogliera più grandi del mondo, il Cliff Palace, un edificio con circa 150 camere e quasi due dozzine di kiva. Cliff Palace conserva ancora molte delle antiche decorazioni originali. “Sono presenti diversi esempi tipici di numerosi impronte di mani sulle porte e una serie di figure zoomorfe dipinte sugli intonaci”, scrive Nordby.
 Un secondo drammatico crollo della presenza umana a Mesa Verde si è registrato alla fine del XIII secolo, lasciando una struttura come Cliff Palace in balia dell'abbandono e della rovina. La popolazione sembra essere emigrata a sud, verso l'Arizona e il New Mexico. Questa seconda migrazione rappresenta un vero mistero. Secondo i ricercatori potrebbero aver influito diversi fattori, tra cui il cambiamento climatico, la crescita della popolazione e la competizione per le risorse naturali.
 Con la contrazione della popolazione, il sito cadde in rovina, le strutture pubbliche cominciarono ad essere utilizzate come depositi per il rifiuti. Sono stati trovati anche segni di drammatiche battaglie. “Gli archeologi hanno rinvenuti i corpi di almeno 34 persone uccise sulla fase finale dell'occupazione del villaggio”, scrivono i ricercatori, sottolineando che nessuno dei corpi rinvenuti è stato sepolto secondo le usanze funebri della zona, mostrando evidenti segni di una morte violenta.

L'ibogaina

L'ibogaina se i suoi effetti sono davvero reali
Le imprese farmaceutiche la faranno sparire dalla faccia della terra L'ibogaina (o 12-metossi-ibogamina) è una molecola psicoattiva presente in diverse piante, principalmente nell'iboga (Tabernanthe iboga).
Nei primi anni '60, è stato casualmente scoperto che la somministrazione della molecola causa, nel giro di ore, un'improvvisa e completa interruzione della dipendenza da eroina, senza crisi d'astinenza.
A causa delle sue proprietà allucinogene e per via di rischi associati all'assunzione da parte di pazienti con determinati problemi di salute, l'ibogaina è stata inserita nella lista delle sostanze controllate ed è illegale in diverse nazioni:
Stati Uniti, Svezia, Danimarca, Belgio e Svizzera. È legale in Italia. Nonostante ciò abbia rallentato la ricerca scientifica sulle sue proprietà terapeutiche, l'uso dell'ibogaina per il trattamento della tossicodipendenza è aumentato in varie parti del mondo ed è somministrata in cliniche presenti in 12 paesi distribuiti tra 6 continenti.
L'alcaloide viene usato per trattare la dipendenza da eroina, alcol, cocaina in polvere, crack e metanfetamina.
L'ibogaina sembra catalizzare una parziale o completa interruzione della dipendenza da oppioidi.
Ciò comprende un alleviamento dei sintomi d'astinenza.
La ricerca suggerisce anche che l'ibogaina possa essere utile nel trattamento della dipendenza da altre sostanze come alcol, metanfetamina e nicotina.
I sostenitori del trattamento basato sull'ibogaina hanno fondato cliniche (sia formali che 'informali') in Canada, Messico, nei Caraibi, in Costa Rica, Repubblica Ceca, Francia, Slovenia, Olanda, Brasile, Sud Africa, Regno Unito e Nuova Zelanda.
In questi centri, la molecola è somministrata come medicina sperimentale. Esistono anche dei centri clandestini in paesi nei quali la sostanza è illegale. Sebbene il meccanismo d'azione dell'ibogaina non sia stato ancora del tutto compreso, sembra che il più efficace metodo di trattamento comporti la somministrazione di una dose che va dai 10 ai 20 mg/kg.
Molte persone che si sono sottoposte al trattamento affermano di aver vissuto, nelle ore in cui la sostanza agisce sul cervello, delle esperienze visive nelle quali rivedono gli eventi della loro vita che li hanno portati alla dipendenza.
Altri, invece, raccontano di visioni sciamaniche che li aiutano a superare paure ed emozioni negative.
L'ibogaina è stata usata in ambito psicoterapeutico da Claudio Naranjo, come descritto nel suo libro The Healing Journey .

Fonte Wikipedia 


AC/DC - Spellbound

Il bunker di Mussolini: Churchill voleva bombardare Roma



Benito Mussolini si fece costruire un bunker sotto Piazza Venezia: temeva che la Gran Bretagna di Churchill volesse bombardare Roma. Esiste tutta una Roma sotterranea che in molti non conoscono, Mussolini fece costruire diversi rifugi per difendersi da eventuali attacchi aerei.
 L’ultimo è stato scoperto sotto Palazzo Venezia: nove stanze per 80 mq che dovevano ospitare il Duce e Claretta Petacci in caso di attacco della Raf, la Royal Air Force britannica.
 Il 13 luglio 1943, il comandante in capo della Raf, chiese al primo ministro Winston Churchill il permesso di eliminare il Duce: il piano era di bombardare simultaneamente Palazzo Venezia, che per 20 anni ospitò gli uffici del Duce, e villa Torlonia, residenza privata di Mussolini. “I agree”, fu la risposta di Churchill. Ma non incontrò il parere conforme del ministro degli Esteri Anthony Eden, che dubitava della buona riuscita dell’operazione con danni sui civili e sul patrimonio della Città Eterna, Colosseo, fori imperiali, Palatino, troppo ingenti.
 Se si considera che la costruzione dell’ultimo bunker di Mussolini cominciò alla fine del 1942 e proseguì fino alla mattina del suo arresto, è presumibile dedurre che il Duce fosse a conoscenza del rischio in cui incorreva.

 Nascosti sotto cumuli di scartoffie e scatoloni, dietro una botola di un metro per un metro, ci sono 9 vani in solido cemento armato, uno dentro l’altro, che ruotano in pianta circolare intorno a un pezzo massiccio al centro. Non c’è pavimentazione né mobilia, il sistema fognario è appena abbozzato e pure le vie di fuga non furono realizzate in tempo: si intuisce però che una avrebbe portato al giardino di Palazzetto San Marco e la seconda fino all’Altare della Patria, dove c’era un altro rifugio. 
 Anna Imponente, soprintendente del Lazio, raggiunta dal quotidiano La Stampa, spiega: “Tutto è iniziato quando ho deciso di rinnovare una parte degli ambienti della Soprindentenza e quindi trasformare quello che era solo un magazzino in un piccolo spazio museale da aprire al pubblico”. E’ stata lei a volere i lavori che hanno portato alla sensazionale scoperta. “E’ probabile che il bunker fosse destinato solo al duce e alla sua compagna,data l’esiguità degli spazi” aggiunge Carlo Serafini, l’architetto incaricato di seguire i lavori.
 Ora Imponente vuole aprire lo spazio al pubblico: “Metteremo un impianto di illuminazione adeguato (ora pendono lampadine) e lo bonificheremo dai chiodi e dai tubi che spuntano. In uno dei locali vorrei uno schermo che proiettasse immagini dell’Istituto Luce, un paio di touch screen. 
Mi piacerebbe riprodurre il suono delle sirene d’allarme. Il resto resterà così com’è”. In attesa di poterlo visitare, Giordano Locchi, sul sito Voci Di Roma, ci offre le prime immagini in esclusiva del bunker e insieme all’architetto Serafini, ci illustra le caratteristiche tecniche del rifugio: 

La placca di Edmonton


Sono ormai anni in cui l'uomo moderno si trova ad affrontare una sfida: quella del confronto con il diverso, con quello che oggi va sotto la voce "extraterrestre". Infatti da quando l'uomo si è imbattuto in questa novità, ha sempre desiderato avere un contatto in più, capire le radici culturali più profonde di questi esseri e in un certo senso ha anche, spesso e volentieri, desiderato che questi gli dessero un segnale, un mezzo per fargli capire che loro esistevano, esistono; o se vogliamo, anche un mezzo per comunicare qualcosa circa la loro cultura. Nel corso della storia potrebbero essersi verificati parecchi contatti con esseri di altri mondi, se ne potrebbero facilmente rintracciare molti nelle mitologie (se volessimo vedere negli dèi antichi visitatori spaziali - vedi il caso Bep Kororoti, nda); e questi contatti potrebbero avvenire ancora al giorno d'oggi, sebbene in maniera diversa, poiché vivendo in un mondo avanzato non c'è più bisogno che qualcuno venga a istruirci. Tracce di questi antichi contatti ne troviamo in continuazione, ma spesso gli studiosi tendono a tacere, imbarazzati da queste scoperte. Questo è anche il caso relativo a numerose placche metalliche ricoperte da misteriose e indecifrabili lettere. Il ritrovamento più particolare, poiché connesso all'avvistamento di una navicella aliena, sembra essere avvenuto a Edmonton (Canada), dove il protagonista, un italiano di nome Leonardo Romano, ritrovò queste placche. La vicenda accade il 4 novembre del 1967 mentre Leonardo si trovava in casa; improvvisamente, vide scorgere dalla finestra un globo luminoso che si stava posando su un campo lì vicino. Terminato il fenomeno decise di recarsi sul luogo dell'atterraggio. Notò così il terreno bruciato e, deposta sullo stesso, una lastra di metallo di ridotte dimensioni: spessa circa un millimetro e lunga 17 cm; ma la cosa che più sconvolse Leonardo fu che questa lastra era ricoperta da enigmatiche lettere che non corrispondevano a nessun tipo di carattere in uso sulla Terra.In certi casi sono state rinvenute monete metalliche sulle quali è stato possibile vedere simboli sconosciuti, negli stessi campi di grano inglesi in concomitanza con la comparsa di crop circles. Su queste monete si sarebbero ritrovati gli stessi disegni realizzati nei campi di grano. Non sappiamo se tale fenomeno sia connesso con quello di Edmonton, ma in entrambi i casi ci troviamo di fronte a oggetti enigmatici, sui quali è stata impressa, chissà da chi, una forma di scrittura sconosciuta.
Nessun studioso ha una ancora trovato una teoria sufficientemente valida per poter spiegare il perchè di questo abbandono di placche in Canada e in Inghilterra. Si tratta forse di messaggi di natura extraterrestre? Non possiamo nemmeno escludere l'ipotesi che questi reperti siano appartenuti a civiltà ormai dimenticate, in particolare ci riferiamo alle placche di Edmonton, oppure che questi siano dei falsi, realizzati ad arte da esseri del tutto umani per depistare gli studiosi e per chissà quale altra ragione. Forse non sapremo mai chi, come, cosa e perchè vennero prodotte queste lastre. Possiamo solo continuare a indagare con la speranza che un giorno gli stessi artefici vengano allo scoperto,
umani o extraterrestri che siano.


Pasquale Arciuolo

La pappa reale



La pappa reale è un prodotto completamente naturale che viene "fabbricato" dalle api nutrici, tramite secrezione delle ghiandole mandibolari e ipofaringee, durante i primi giorni della loro esistenza, precisamente tra il 5° e 14° giorno; la pappa reale rappresenta il nutrimento di tutte le larve dell'alveare per i primi tre giorni di vita, in modo da permettere loro una rapidissima crescita. Questo particolare nutrimento viene somministrato per tutta la vita solo ad alcune larve designate a diventare api regine; nutrendosi solo ed esclusivamente con pappa reale l'ape regina raggiunge dimensioni pari al doppio di una normale ape, vive normalmente fino a 40 volte in più e, sempre grazie alla pappa reale, depone migliaia di uova ogni giorno.

Da queste sintetiche informazioni possiamo già comprendere come la pappa reale possa influire in modo estremamente positivo anche sulla salute dell'uomo.

Ad oggi, la composizione e le proprietà della pappa reale non sono ancora state chiarite al 100%, in quanto abbastanza insolita ed unica; alcune sostanze che la compongono non sono ancora state identificate. I componenti conosciuti della pappa reale sono: aminoacidi, una incredibile quantità di vitamine, praticamente quasi tutte quelle conosciute, zuccheri, divisi in glucosiofruttosiosaccarosio e maltosio. Contiene inoltre elementi minerali come sodio, manganese, potassio, ferro, zolfo, selenio, calcio, silicio, rame, fosforo, oltre all'ormone della crescita.


Grazie a questo mix di elementi la pappa reale rappresenta un ottimo ricostituente naturale utile ad ogni età; aiuta a contrastare la stanchezza fisica, lo stress mentale e facilita la capacità di concentrazione. E' un ottimo alimento per il nostro sistema immunitario che, grazie al consumo di pappa reale, ne viene irrobustito.

Inoltre la pappa reale è in grado di migliorare la circolazione sanguigna e di mantenere la pressione arteriosa su livelli normali. Velocizza il tempo di cicatrizzazione delle ferite, rallenta l'invecchiamento delle cellule, combatte disturbi intestinali, ed è considerata un eccellente antibiotico naturale grazie alle sue proprietà antibatteriche.

La pappa reale ha un ruolo fondamentale in tutte le occasioni in cui è presente una debilitazione e sia necessaria una pronta ripresa: incidenti e convalescenze, operazioni chirurgiche o terapie farmacologiche mediamente pesanti.

La pappa reale va presa ogni mattina, possibilmente a digiuno, come quantità un palettino( piccolissimo cucchiaio in dotazione alle confezioni di pappa reale che si trovano in vendita), massimo due e da sciogliere sotto la lingua così da permettere un totale assorbimento da parte dell'organismo. Se il sapore non risulta gradevole, in quanto un po' acido è consigliabile aggiungervi un po' di miele per renderla più gradevole al palato.

Finalmente una buona notizia

La Sindone



Quella della Sacra Sindone è una vicenda lunga e tormentata che ancora oggi non riesce a mettere d'accordo che crede che il lino sia l'autentico sudario che avvolse Gesù nel breve soggiorno nella tomba, e chi invece ritiene che si tratti della creazione di un artista del medioevo. Secondo alcuni, ci sarebbe lo zampino di quel grande genio che fu Leonardo da Vinci.
 A partire dal 1898, anno in cui fu scattata la prima immagine fotografica della Sindone dall'avvocato Secondo Pia, il lenzuolo è stato sottoposto a numerosi esami. Eppure, nonostante le analisi dettagliate, la reliquia non vuole saperne di svelare i suoi segreti. L'ultimo studio è stato eseguito dai tecnici dell'ENEA alla fine del 2011, i quali non hanno dubbi: la Sindone non è un falso medievale e resta un enigma per la scienza, non riproducibile in laboratorio.

 La Sindone è un lenzuolo di lino lungo 4,41 metri e largo 1,13, tessuto con una trama a spina di pesce, sul quale è impressa la doppia immagine del cadavere di un uomo morto dopo aver subito una serie di atroci torture culminate nella crocefissione.
L'immagine impressa sul telo è circondata da due strisce nere e da alcuni lembi mancanti dovuti all'incendio avvenuto nel 1532 a Chambery.
 Per caratteristiche della sua impronta, secondo la tradizione più antica si tratterebbe de lenzuolo citato nei Vangeli che servì ad avvolgere il corpo defunto di Gesù Cristo nella tomba.
 Tuttavia, nonostante i numerosi riscontri scientifici offerti dalle analisi scientifiche, la sua provenienza non può ancora definirsi provata. La stessa Chiesa Cattolica, infatti, prudentemente considera la Sindone, più che a prova visibile dell'esistenza storica di Gesù di Nazareth e della sua resurrezione, come il rimando più diretto ed immediato alla drammatica conclusione della sua vita. Una delle definizioni più efficaci è stata offerta da Giovanni Paolo II, il quale definì il lino come lo “specchio del Vangelo”.

Le prime testimonianze sicure sulla Sindone risalgono al XIV secolo, quando il cavaliere Geoffry de Charmy depose il lenzuolo nella chiesa da lui eretta nel 1353 nel suo feudo di Lirey, in Francia. Durante la prima metà del Cinquecento, Marguerite de Charmy tolse il lino dalla Chiesa di Lirey a causa dell'aggravarsi della Guerra dei Cent'anni, portandolo con sé nel suo lungo peregrinare per l'Europa. Trovando accoglienza presso la corte dei duchi di Savoia, Marguerite trasferì la proprietà della Sindone ai Savoia, attraverso una serie di atti giuridici. Il lenzuolo venne riposto nella Saint Chapelle du Saint Suaire e i Savoia richiesero e ottennero da papa Giulio II il riconoscimento di una festa liturgica propria.
 Ma il 4 dicembre 1532 un incendio devastò la Sainte Chapelle, causando gravi danni al lenzuolo, i quali furono riparati alla meglio nel 1534 dalle Suore Clarisse della città. Fu Emanuele Filiberto a trasferire definitivamente la Sindone a Torino nel 1578, dove vi rimase nei secoli seguenti, divenendo oggetto di numerose ostensioni pubbliche e private. Ne sono testimonianza i numerosi dipinti presenti a Torino e in molti paesi del ducato.
 Anche nella sua ultima collocazione la Sindone ha dovuto affrontare un nuovo drammatico incendio scoppiato la notte tra venerdì 11 e sabato 12 aprile 1997 nella Cappella della Sindone posta tra la Cattedrale torinese e Palazzo Reale. Pur non essendo la Sindone e la sua teca interessate dal fuoco dell’incendio, nel corso di quella notte fu deciso di rompere la struttura di cristallo e di portare via la Sindone, onde evitare sia i rischi di un crollo anche solo parziale della cupola della cappella, sia i possibili danni provocati dall’acqua degli idranti usati dai vigili del fuoco.

Dalla prima foto scattata da Secondo Pia più di cento anni fa, lo studio della Sindone è proseguito ininterrottamente sino ad oggi. Nel 1966 fu costituita la prima commissione di studio; nel 1978 furono eseguiti alcuni esami approfonditi da parte di un team di ricercatori americani dello STURP (Shoud of Turin Research Project) alla fine di una delle ostensioni pubbliche.
 Nel 1988 arrivò il controverso risultato della prima datazione al radiocarbonio che collocava il lino tra il XIII e il XIV secolo, smorzando gli entusiasmi di chi voleva che la Sindone fosse l'autentico lenzuolo di Gesù. Poco dopo, però, un gruppo di ricercatori laici invitò a prendere con prudenza i risultati della datazione, in quanto l'incendio del 1532 poteva aver alterato la struttura atomica e molecolare del lino, falsando così il risultato.
 Nel 1998, Avinoam Danin, un botanico israeliano, dichiarò di aver identificato 28 specie di fiori diversi sulla Sindone durante l'ostensione di quell'anno. Secondo i suoi studi, l'unico luogo in cui esse sono presenti tutte insieme sarebbe una ristretta area tra Gerusalemme e Gerico. Un'altra studiosa di pollini, Marzia Boi, ricercatrice presso l’Università delle Isole Baleari, mette in rilievo con chiarezza il fatto che i pollini testimoniano che il lenzuolo custodito a Torino aveva una caratteristica ben precisa: era un lenzuolo funerario, utilizzato secondo rituali presenti nell’area del Medio oriente da oltre due millenni.

L'ultimo studio sulla Sindone è stato pubblicato nel 2011 dall'ENEA, frutto di cinque anni di esperimenti svolti nel centro di Frascati. 
 Oggetto dello studio è “la colorazione simil-sindonica di tessuti di lino tramite radiazione nel lontano ultravioletto”: in soldoni, gli scienziati hanno cercato di capire in che modo possa essersi impressa l'immagine sul lenzuolo, cercando di individuare quei processi fisici e chimici in grado di generare una colorazione simile a quella della Sindone.
 Lo studio firmato dai ricercatori Di Lazzaro, Murra, Santoni; Nichelatti e Baldacchini giunge ad una clamorosa conclusione: la Sindone non può essere un falso medievale! Così si legge in uno stralcio dello Studio riportato nel resoconto offerto da vaticaninsider.lastampa.it:
 “La doppia immagine (frontale e dorsale) di un uomo flagellato e crocifisso, visibile a malapena sul lenzuolo di lino della Sindone di Torino presenta numerose caratteristiche fisiche e chimiche talmente peculiari che rendono ad oggi impossibile ottenere in laboratorio una colorazione identica in tutte le sue sfaccettature, come discusso in numerosi articoli, elencati nelle referenze. Questa incapacità di replicare (e quindi falsificare) l’immagine sindonica impedisce di formulare un’ipotesi attendibile sul meccanismo di formazione dell’impronta. Di fatto, ad oggi la Scienza non è ancora in grado di spiegare come si sia formata l’immagine corporea sulla Sindone”.
 Gli scienziati sono partiti dall'ultimo (e unico) esame completo compiuto nel 1978 dal team di scienziati dello STURP, uno studio che non si tiene in debito conto quando si ragiona sulla Sindone. I ricercatori americani conclusero che l'immagine corporea impressa sul lino non è dipinta, né stampata, né ottenuta tramite riscaldamento. 
Gli scienziati utilizzarono strumentazioni all'avanguardia per l'epoca effettuando numerose misure di spettroscopia infrarossa, visibile ed ultravioletta, di fluorescenza a raggi X, di termografia e pirolisi, di spettrometria, ecc... Non furono trovare tracce di pigmenti o di disegni.
 Le indagini rivelarono che lo spessore della colorazione delle fibre di lino è estremamente sottile, pari a circa 200 nanometri (200 miliardesimi di metro), corrispondente allo spessore della parete cellulare della singola fibrilla di lino. Ma allora, se non è stata dipinta, né impressa con il calore, cosa può aver generato l'immagine?
 E' quello che si sono chiesti i ricercatori dell'ENEA, compiendo una serie di esperiementi con il laser che ha offerto dei risultati assolutamente strabilianti. “La misura di radio datazione effettuata con il carbonio 14, per esempio, ha collocato l’origine del telo in pieno medioevo (1260 – 1390) ma questa misura sembra aver sofferto sia di errori materiali di calcolo sia di problemi di contaminazione”, spiega il dottor Paolo di Lazzaro, responsabile del Laboratorio Eccimeri del Centro Ricerche ENEA di Frascati, in una intervista pubblicata sul sito dell'ENEA.
 Il principale interrogativo, però, sembra riguardare la realizzazione di questa immagine che ha caratteristiche chimiche e fisiche praticamente impossibili da replicare oggi, e a maggior ragione nel medioevo o in tempi più remoti.
 “La curiosità è una delle caratteristiche principali degli scienziati. Di fronte all’immagine sindonica, invece di porci la domanda sul 'quando',ci siamo chiesti 'come'”, continua Di Lazzaro. “I risultati ottenuti sono andati oltre ogni nostra aspettativa”. Gli esperimenti hanno dimostrato che un impulso di luce ultravioletta estremamente breve (pochi miliardesimi di secondo) in un intervallo ristrettissimo di valori di energia e densità di potenza è in grado di colorare con la stessa cromaticità dell’immagine sindonica il tessuto di lino in modo molto superficiale, in pratica solo gli strati più esterni del singolo filo di lino. Più precisamente, ciascun filo di lino (che ha un diametro di circa 0,3 millimetri) è composto da circa 200 fibrille. I ricercatori sono riusciti a colorare il primo strato di fibrille esposto alla luce laser, il cosiddetto “primary cell wall” della fibrilla di lino, una pellicola sottilissima spessa 0,2 micrometri che circonda la fibrilla, lasciando la parte interna della stessa fibrilla non colorata. Questa è una delle caratteristiche dell’immagine sindonica più difficili da replicare.

 La procedura per trovare i giusti parametri laser adatti a colorare i tessuti di lino in modo simile alla Sindone ha richiesto circa due anni di tentativi. I ricercatori, infatti, hanno scoperto con sorpresa che è sufficiente una piccola variazione dei parametri laser per non ottenere più la colorazione. Naturalmente, un risultato del genere apre numerosi interrogativi: cosa può aver generato un lampo di luce capace di imprimere un'orma sul lenzuolo di lino? Se la Sindone fosse realmente il sudario di Gesù Cristo, cosa potrebbe essere successo al suo corpo? Potrebbe essere il “segno” della resurrezione di Gesù? 
Sollecitato dalle questioni, è lo stesso Di Lazzaro a rispondere: “Quando si parla di un flash di luce che riesce a colorare un telo di lino in modo simile alla sindone è facile portare il discorso nell’ottica del miracolo e della resurrezione. Ma come scienziati, noi ci occupiamo solo di eventi scientificamente riproducibili. Quello che posso dire con assoluta certezza è che il nostro risultato è assolutamente riproducibile in laboratorio, lo abbiamo verificato più volte con attenzione. Se i nostri risultati scientifici possono aprire un dibattito filosofico e teologico, le conclusioni le lasciamo agli esperti dei rispettivi campi, e in definitiva alla coscienza di ciascuno di noi.”

Il déjà vu

Chi di noi non ha mai sperimentato, almeno una volta, il curioso fenomeno del déja vu, quella strana sensazione di aver già vissuto una certa esperienza, senza ricordare il luogo e il tempo?


Il termine déjà vu è francese e letteralmente significa "già visto".
Si tratta di un fenomeno piuttosto comune nell'esperienza sensoriale umana, ma ancora poco compreso.
Può capitare di trovarsi in un posto assolutamente nuovo e avere l'impressione di esserci già stati prima.
Cosa genera questa particolare condizione della nostra percezione? In passato, questa curiosa sensazione è stata attribuita a tutto, dai fenomeni paranormali ai disturbi neurologici.
Negli ultimi anni, è cresciuto l'interesse degli scienziati per questo singolare fenomeno, facendo emergere una serie di teorie sull'origine del déjà vu e stabilendo che non si tratta semplicemente di un problema tecnico nel sistema mnemonico del nostro cervello, ma di qualcosa di più profondo.
Gli psicologi hanno suggerito che il déjà vu potrebbe verificarsi quando gli aspetti emotivi e cognitivi di una certa situazione, sono simili a quelli di episodi già vissuti in precedenza.
Tutte le informazioni accumulate nel corso della nostra esistenza, potrebbero generare quella particolare sensazione di familiarità tipica del déjà vu.
C'è anche chi si è spinto in spiegazioni alternative molto più esotiche, come associare il déjà vu a certe capacità profetiche, oppure al ricordo di una vita precedente o alla chiaroveggenza.
Qualunque sia la spiegazione, il déjà vu è certamente un fenomeno universale che riguarda la condizione umana e, nonostante le numerose teorie, la causa della sua origine è ancora un mistero.
Ma c'è un fisico teorico, il dott. Michio Kaku, conosciuto dalla maggior parte delle persone per la sua attività di divulgatore scientifico e per le sue teorie che certamente travalicano i confini delle fisica tradizionale - che ha proposto un'interessante connessione tra il fenomeno del déjà vu e l'esistenza degli universi paralleli.
Il dott. Kaku è impegnato da anni nello studio della Teoria delle Stringhe, secondo la quale il tessuto fondamentale dell'Universo è costituito da oggetti ad una dimensione, simili a stringhe o membrane, in vibrazione: in base alla tensione e alla frequenza di vibrazione verrebbero prodotte e sostenute le particelle elementari.
Una delle conseguenze matematiche dalla Teoria delle Stringhe è:
che il mondo che conosciamo non è completo.

Oltre le 4 dimensioni con cui abbiamo familiarità – il tempo e lo spazio tridimensionale – esisterebbero altre sei dimensioni spaziali extra, presenti in forme geometriche invisibili in ogni singolo punto nell’universo.
Queste dimensioni extra potrebbero avere migliaia di forme possibili diverse, ognuna teoricamente corrispondente ad un universo con le proprie leggi fisiche.
Ciò che definiamo Universi paralleli.
Secondo il dott. Kaku, la fisica quantistica afferma che c'è la possibilità che il déjà vu sia causato dalla nostra capacità di saltare da un universo all'altro! Per approfondire la sua teoria, Kaku cita il lavoro del prof.
Steve Weinberg, il famoso fisico teorico, vincitore del premio Nobel, che sostiene l'idea del Multiuniverso. Secondo Weinberg, esiste un numero infinito di realtà parallele che convivono con noi "nella stessa stanza".
E' un pò come le centinaia di onde radio differenti che sono trasmesse intorno a noi, ogni giorno, da stazioni lontane. In ogni istante, il nostro ufficio, la nostra casa o le nostre auto sono avvolte da questo flusso ininterrotto di onde radio. Se abbiamo lo strumento giusto, una semplice radiolina, abbiamo la possibilità di ascoltare una sola frequenza alla volta, questo perchè tutte le frequenze non sono in fase tra loro.
Ogni stazione trasmette il proprio segnale a una frequenza diversa, con un'energia diversa. Il risultato è che la radiolina può captare una sola frequenza alla volta.
Allo stesso modo, nel nostro universo noi siamo sintonizzati sulla frequenza che corrisponde alla realtà fisica.
Ma ci sono un numero infinito di realtà parallele che esistono attorno a noi, "trasmesse" ad una frequenza differente dalla nostra e con le quali noi non possiamo sintonizzarci.
Mentre la radiolina è sintonizzata per catturare una certa frequenza e quindi una sola stazione radio alla volta, il nostro universo è composto di "stringhe" che vibrano ad una frequenza unica che i nostri sensi riescono a percepire.
Gli universi paralleli non sono "in fase", cioè non vibrano alla stessa frequenza.
Ma quando sono "in fase" è teoricamente possibile "saltare da un universo a un altro".
Quindi, anche se incerto, potrebbe essere possibile che quando si verifica un déjà vu, o un universo parallelo è entrato in fase per una frazione di tempo, permettendoci di dare una sbirciatina, oppure il "nostro ricevitore", per una ragione impossibile da determinare, si è sintonizzato alla giusta frequenza permettendoci di gettare uno sguardo in una realtà parallela.
Forse le nostre esperienza di déjà vu sono una finestra aperta in un universo parallelo.
Da Il Navigatore Curioso

Cat Stevens * Giovanni Marradi

Ora pure Cipro fa tremare l'Europa

Ma possibile che un piccolissimo stato come Cipro faccia quest'effetto all'Europa? o è più probabile che sotto ci sia altro??

In un'intervista a Bloomberg, Athina Kyriakidou, membro del Partito Democratico cipriota (DIKO), ha detto di essere convinta che l'Eurogruppo imporra' una misura simile a quella di Cipro anche negli altri paesi del blocco Nell'esprimere la sua solidarieta' per la gente di Spagna, Grecia, Francia, Irlanda e Italia,Athina Kyriakidou ha detto a questi paesi di rassegnarsi: l'Eurogruppo ha gia deciso per un prelievo forzoso dai conti bancari di tutta l'Europa.






SITUAZIONE IN ITALIA
Mentre chi dovrebbe governare si litiga la poltrona,non si saluta in parlamento,si fa ripicche e mugugna dice qualcuno dice IO VOGLIO....



E' IL POPOLO L'UNICO AD AVERE IL DIRITTO DI DIRE IO VOGLIO

Succede questo

DECLASSAMENTI BANCHE

L’agenzia di rating FItch, dopo il downgrade del merito di credito sovrano annunciato lo scorso 8 marzo, ha tagliato il giudizio anche su
INTESA SAN PAOLO
UNICREDIT portandolo a "BBB+" dal precedente "A-" con prospettive "negative". Confermato a "F2" il rating di breve.

INDUSTRIE FINMECCANICA – Secondo quanto riportato da MF, il governo indiano potrebbe decidere autonomamente, e senza aspettare la fine dell’inchiesta, di cancellare l’ordine di 12 elicotteri assegnato ad Agusta Westland.
FIAT – Continua il rallentamento del mercato dell’auto in Europa a febbraio con un calo del 10,2% a/a. Il gruppo Fiat ha registrato un calo delle immatricolazioni del 15,7% a/a, su cui ha pesato il risultato negativo in Italia dove le vendite sono diminuite del 17,4%.
La quota di mercato del gruppo in Europa si attesta al 6,8% dal 6,6% di gennaio e dal 7,2% di febbraio 2012.
L' istituto tedesco Zew ha parlato di maggiori rischi per l'incertezza su Cipro e sull'Italia.
Si mette in luce nel frattempo il rischiamo di Mario Draghi, numero uno della Bce, che afferma che spesso "i benefici dell'Ue vengono dati per scontati".
Ma nessuna "pietà" dal mondo degli economisti ed esperti di tutto il mondo sulle politiche che l'Unione europea sta adottando per salvare l'euro.
Politiche che pretendono di avere un ruolo salvifico e che invece stanno rischiando di portare alla dissoluzione l'intera area euro.
La decisione del prelievo forzoso sui conti di Cipro viene considerata un'atrocità giuridica e finanziaria senza precedenti; senza mezzi termini, il professore della New York University Nouriel Roubini definisce i tentativi di bailout un fallimento.
E si teme che il peggio debba ancora arrivare, visto che, in un'intervista a Bloomberg, Athina Kyriakidou, membro del Partito Democratico cipriota (DIKO), ha affermato che il prelievo forzoso verrà imposto anche a Spagna, Grecia, Francia, Irlanda e Italia; e di fatto JP Morgan afferma che con la decisione è stato di fatto aperto un vaso di Pandora.
Dal fronte economico resa nota la produzione industriale italiana che, pur aumentando +0,8% su base mensile, è scesa -3,6% su base annua, mettendo in evidenza la fase recessiva dell'economia del paese; in generale, in Europa il settore delle costruzioni ha subito un calo -1,4% nel mese di gennaio.
I seguenti dati statistici sono consultabili sul sito web della Banca d’Italia. DEBITO PUBBLICO 2010:Dicembre 1.843,227 €
DEBITO PUBBLICO 2011: Dicembre 1.897,946 €
DEBITO PUBBLICO 2012: Novembre 2.020,668 € 
Dopo le dimissioni del salvatore dell'Italia 
DEBITO PUBBLICO ITALIANO mese di riferimento Dicembre 2012 >>> 1.988,363 miliardi di euro
<<< Il rapporto Debito/PIL passa dal 120% al 126%

Uova decorate

Ma come fare a svuotare le uova senza rompere il guscio?
Lavate accuratamente le uova che utilizzerete sotto l’acqua corrente.
Prendete una ciotola che servirà per mettere i tuorli e l’albume che poi naturalmente utilizzerete per cucinare.
Tenete le uova con le mani sopra la ciotola e con un ago bucate entrambe le estremità.
Quindi con molta delicatezza, allargate un po’ i buchi con uno steccone da spiedo e infilatelo fin nel centro dell’uovo per forare il tuorlo.
A questo punto soffiate in una delle due estremità
e il contenuto uscirà dall’altra e cadrà nella ciotola. Fate scorrere piano un bel po’ di acqua all’interno del guscio per eliminare i residui dell’uovo e soffiate per togliere l’acqua.
Ripetete l’operazione, sempre con molta delicatezza per 2-3 volte.
Infine lasciate asciugare per bene i gusci.
Una volta che i gusci saranno asciutti potrete decorare le vostre uova.

Potete fare anche del decoupage  ritagliando dei disegni e incollandoli con vinavil allungato con un poco d'acqua lasciate asciugare e passatelo con una vernicetta trasparente lucida (si trova in cartolerie ben fornite o negozi di belle arti)
Poi disponetele in un cestino con della paglia e guarnito a vostra fantasia 
uno splendido centro tavola (si spende poco ed è di sicuro effetto)

I frutti di marzapane

Questa ricetta ci viene tramandata dalle suore benedettine del convento della Martorana di Palermo, da cui prende il nome.
Con questa pasta le monache confezionavano dei dolcetti a forma di frutta artisticamente colorata.
Si racconta che in attesa di una personalità ecclesiastica, abbiano addobbato gli alberi del convento, spogli in quella stagione, con questa frutta simulando quella mancante.
All’epoca questo dolce ebbe talmente tanto successo che superò le mura del convento fino ad arrivare alla corte del re.
Da quel momento divenne la “ pasta Riali” (pasta reale). Oggi la troviamo esposta nelle vetrine dei nostri maestri pasticcieri che esibiscono la loro fantasia in tutte le forme possibili di frutta e anche di altro, come ad esempio le pecorelle di Pasqua.

Marzapane ricetta

Ingredienti 

500 g di farina di mandorle,
500 g di zucchero a velo,
2 albumi,
½ bustina di vanillina,
coloranti alimentari.

Preparazione
In una ciotola abbastanza capiente, mettete la farina di mandorle, lo zucchero a velo, gli albumi sbattuti e la vanillina.
Amalgamate bene tutti gli ingredienti e lavorate con le mani fin che sarà morbida e fluida, ma non troppo per evitare che diventi oleosa.
Toccandola non si dovranno sentire grumi neanche piccolissimi altrimenti il marzapane potrebbe spezzarsi.
Quando sarà pronto, dividete l’impasto per quanti colori utilizzerete.
Versate sopra il marzapane, qualche goccia di colorante e impastate fin che il colore sarà uniforme.
Ripetete la stessa operazione con gli altri colori.
prendete la quantità giusta per ogni frutto e modellate secondo la vostra fantasia.
Conservate la pasta di mandorle avvolta in un foglio di pellicola trasparente, in frigo, fino al momento di utilizzarla.
Consigli Se non trovate la farina di mandorle potete utilizzare le mandorle intere.
Tritate nel frullatore le mandorle molto finemente con lo zucchero fino a che non prendono la consistenza della farina.
Per evitare che diventino oleose, tenete le mandorle in freezer per 15 minuti prima di tritarle.

Per ottenere i vari solchi o buchini o altro il bordo di un coltello o uno stuzzicadenti (quelli grossi da spiedino) 
Quando il colore sarà asciutto passateli con un pennellino  intinto nel gel da pasticceria (si trova in commercio in bustine)
per lavorare la pasta usa le mani unte di margarina o burro
questo lavoro va fatto un po in fretta la pasta deve essere sempre fredda

Auguri a tutti i Papà

Una delle 365 giornate di una mamma




di Fie Rani
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