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sabato 23 marzo 2013


LA NAVE AMERIGO VESPUCCI - IL VELIERO PIU' BELLO DEL MONDO



La decisione di costruire l'Amerigo Vespucci venne assunta nel 1925, allo scopo di sostituire l'omonima nave scuola della Classe Flavio Gioia, un incrociatore a motore e a vela, ormai prossimo alla radiazione, che fu posto in disarmo nel 1928 e ormeggiato nel porto di Venezia per essere adibito ad asilo infantile, riservato agli orfani dei marinai.

 Il Vespucci fu progettato insieme al gemello Cristoforo Colombo nel 1930 dall'ingegnere Francesco Rotundi, tenente colonnello del Genio Navale e Direttore dei cantieri navali di Castellammare di Stabia (Napoli), riprendendo i progetti del veliero Monarca, l'ammiraglia della Real Marina del Regno delle Due Sicilie, poi ribattezzato Re Galantuomo quando fu requisito dalla Marina piemontese dopo l'invasione delle Due Sicilie. I progetti ricopiati erano dell'ingegnere navale duosiciliano Sabatelli ed erano custoditi a Castellammare di Stabia insieme alle tecnologie necessarie alla costruzione di questa tipologia di imbarcazione.
 La nave-scuola fu varata il 22 febbraio 1931 e il 15 ottobre 1931, nel porto di Genova, ricevette la bandiera di combattimento nelle mani del suo primo comandante, Augusto Radicati di Marmorito. Il suo compito fu quello di affiancare il Cristoforo Colombo nell'attività di addestramento, fino al termine della seconda guerra mondiale, quando per l'effetto degli accordi internazionali, il Cristoforo Colombo dovette essere ceduto all'URSS, quale risarcimento dei danni di guerra.

 Dal 1946 al 1952 è stata l'unica nave scuola a vela della marina militare italiana fino all'entrata in servizio dell'Ebe, un brigantino goletta costruito nel 1921 ed acquistato dalla Marina Militare nel 1952.
 A partire dal 1955 e stata affiancata da un altro veliero acquistato dalla Francia e ribattezzato Palinuro.
 Attualmente l'Amerigo Vespucci è la più anziana nave della Marina Militare ancora in servizio.

 Il motto della nave, ufficializzato nel 1978, è «Non chi comincia ma quel che persevera» ed esprime la sua vocazione alla formazione ed addestramento dei futuri ufficiali della Marina Militare. I precedenti motti sono stati: «Per la Patria e per il Re»; sostituito nel 1946 con «Saldi nella furia dei venti e degli eventi».

L'addestramento si svolge attraverso le Campagne Addestrative. Queste Crociere d'Istruzione, effettuate già 71 volte, avvengono con itinerari diversi; in particolare questa nave scuola si è recata in Nord Europa 37 volte, 20 in Mediterraneo, 4 in Atlantico Orientale, 7 in Nord America, 1 in Sud America e 1 circumnavigando il Globo.
 Oltre all'addestramento in particolare nell'ultimo decennio, ha spesso avuto il compito di ambasciatore sul mare dell'arte, della cultura e dell'ingegneria italiana, presentandosi in molti dei più importanti porti del mondo in particolari occasioni come ad Auckland (Nuova Zelanda) nell'ottobre 2002 in occasione della 31ª edizione dell'America's Cup e più recentemente ad Atene nel 2004 per le Olimpiadi ed a Portsmouth nel 2005 per la commemorazione della battaglia di Trafalgar ove ha avuto un ruolo di primo piano.

 È un veliero che mantiene vive le vecchie tradizioni. Le vele sono ancora in tela olona, le cime sono tutte ancora di materiale vegetale, e tutte le manovre vengono rigorosamente eseguite a mano; ogni ordine a bordo viene impartito dal comandante, tramite il nostromo, con il fischietto; l'imbarco e lo sbarco di un Ufficiale avviene con gli onori al barcarizzo a seconda del grado dell'ospite.

 Nel 2006, a 75 anni dall'entrata in servizio, ha ricevuto presso l'Arsenale Militare Marittimo della Spezia pesanti lavori di manutenzione con la sostituzione completa dell'albero di trinchetto per sopraggiunti limiti di usura, ricostruito fedelmente all'originale ricorrendo alle artigianali tecniche dell'epoca; la sostituzione di alcune lamiere a scafo richiodate da abili artigiani e la riconfigurazione del locale ausiliari con impianti di recente concezione. 

 Memorabile fu l'incontro con la portaerei americana USS Forrestal (CV-59).Dalla nave statunitense lampeggiò il segnalatore che chiese: “Chi siete?”.La risposta fu:“Nave scuola Amerigo Vespucci, Marina Militare Italiana”.Dalla USS Forrestal (CV-59):”Siete la più bella nave del mondo”.

Dian Fossey l'amica dei gorilla



Le intrusioni umane assillavano la ricercatrice Dian Fossey, una contemporanea della Goodall che lavorava tra i Monti Virunga, nell'Africa Centrale. Al pari della Goodall, la Fossey, una terapista di professione, che si occupava di bambini, non aveva alcuna esperienza precedente di lavoro sul campo. 
Dian Fossey desiderava lavorare con gli animali, e fu Louis Leakey a offrirgliene la possibilità. Volendo avviare uno studio prolungato sui gorilla, i più grossi primati, Leakey si diede subito da fare per assicurarle il supporto da parte della Society e, alla fine, riuscì anche a organizzarle un periodo di studio a Cambridge per ottenere il dottorato.
 Nel 1967, la Fossey installò il suo accampamento su un freddo e nebbioso vulcano nella Repubblica Democratica del Congo.

Pochi mesi dopo, tuttavia, a causa di disordini politici fu costretta a spostarsi al di la del confine, in Rwanda, e a ricominciare da capo tra le ampie radure paludose del Parco Nazionale dei Vulcani, che divenne la sua casa per i successivi diciott'anni. 
Lì fondò il centro di ricerche Karisoke, le cui capanne di lamiera continuamente battuta dalla pioggia avrebbero attirato studenti, scienziati e all'aumentare della fama della Fossey, troupe cinematografiche e giornalisti di tutto il mondo.
 Le meticolose e dettagliate osservazioni ricavate in tanti anni di studio dalla Fossey avrebbero fruttato una conoscenza accurata e approfondita sui gorilla di montagna, una specie più numerosa e perfino più riservata di quella dei gorilla di pianura.
 La Fossey considerava i gorilla "le creature più diffamate della Terra" e lottò per mostrare al mondo un vegetariano gentile e intelligente, totalmente diverso dal King Kong senza cervello che si batteva il petto rappresentato sugli schermi. Prima del lavoro della Fossey, una tra le cause della scarsità di informazioni accurate su questi esseri risiedeva nella loro innata timidezza.
 A Karisoke, questa ritrosia si univa a un giustificato timore verso i bracconieri. Per far abituare i gorilla alla sua presenza, la Fossey rifiutò "le istruzioni dei testi...cioè: sedersi e osservare". Al contrario, ebbe successo cominciando ad agire esattamente come i gorilla, quando si trovava in loro presenza, ripulendosi e grattandosi, sgranocchiando sedano selvatico, battendosi il petto e ruttando rumorosamente. Raffinò anche i suoi vocalizzi, imparando da alcuni piccoli gorilla in cattività portati al suo campo.

Non appena i gorilla cominciarono a rilassarsi intorno a lei, la Fossey si diede da fare a tracciarne gli alberi genealogici, e arrivò a contare oltre duecento individui in quasi tre dozzine di gruppi "fluidi", ognuno dei quali era tenuto insieme da un maschio dal dorso argentato.
 I gruppi rappresentavano comunità molto complesse, caratterizzate da ordinamenti instabili, trasferimenti da un gruppo all'altro, profondi legami affettivi e, occasionalmente, brutalità e infanticidi. Eppure la Fossey ebbe modo di osservare spesso maschi adulti molto affettuosi e premurosi verso i più giovani, come quando vide, addirittura, un esemplare solleticare un compagno con un fiore.
 I gorilla, imparò tragicamente la Fossey, combattono con ferocia per proteggere i membri della loro comunità. Un solo tentativo di catturare un loro piccolo per uno zoo o per un parco può significare la morte di molti altri.

Alla vigilia del 1977, il gorilla chiamato dalla Fossey "il mio caro Digit" cercò di resistere a sei cacciatori e ai loro cani, in cui si era imbattuto con il suo gruppo mentre gli uomini ispezionavano le trappole che avevano allestito per catturare le antilopi.
 Tredici esemplari del gruppo fuggirono, ma l'arrabbiatissimo Digit fu ferito mortalmente nella lotta. In una scena finale di crudeltà spaventosa, gli assassini amputarono la testa e le mani di Digit, per i collezionisti di "curiosità".

 "Da quel momento in avanti", scrisse più tardi la Fossey, "mi ritirai a vivere in una parte isolata di me stessa".
 Digit tuttavia fu solo una delle molte vittime dei cacciatori: molti altri gorilla morirono a causa dell'infettarsi delle ferite provocate da trappole per antilopi.
 Nel 1981, la popolazione dei gorilla di montagna del Virunga era scesa ad appena 239 individui. La Fossey si dedicò con sempre maggior impegno a liberare Karisoke dai cacciatori di antilopi e dai mandriani, il cui bestiame rovinava inesorabilmente l'habitat dei gorilla nella foresta pluviale, ogni giorno più esiguo.
 I suoi collaboratori arrivarono a rimuovere fino a 2000 trappole in un solo anno, il 1984, liberando molti gorilla rimasti bloccati. Per la fine dell'anno seguente, poco prima di morire, la Fossey ebbe la soddisfazione di vedere le trappole illegali quai completamente eliminate, anche se nella zona si aggiravano diversi bracconieri: Questi però cacciando con l'arco, risparmiavano i gorilla.
 La Fossey perseguì i cacciatori di frodo in prima persona. Le tattiche non la interessavano: la sopravvivenza dei gorilla di montagna, esposti al rischio di estinzione, rappresentava tutto per lei. 

 Nel dicembre del 1985, un ignoto assassino, l'omicidio è tuttora insoluto, penetrò nella baracca della Fossey e le inferse sei colpi mortali al capo con un machete. La ricercatrice fu sepolta tra le tombe dei gorilla assassinati come lei: una sessantina di persone scalò le pendici del vulcano e affrontò la foresta per partecipare al suo funerale. 

Nel 1989, anno in cui venne effettuato l'ultimo censimento, il numero dei gorilla di montagna era salito a 310 individui.

Pianeta Terra Come Non Lo Avete Mai Visto

Kronborg – La reggia di Amleto



“Helsingor, terrazza davanti al castello”: è l’inizio dell’Amleto shakespeariano.
 Il vero Amleto visse, secondo la tradizione, nel V secolo, quando ancora a Helsingor non esisteva il castello, ma la suggestione dei luoghi è fortissima.

Al di là delle sue vicende letterarie il castello di Kronborg ha alle spalle una lunga e movimentata storia, a cominciare dal modo con cui fu finanziato. Nel 1429 infatti Erik di Pomerania impose a tutte le navi che passavano davanti a Helsingor, entrando o uscendo dal mar Baltico, il pagamento di un dazio, una ‘tradizione’ durata fino al 1857. Gli introiti di questo lucroso pedaggio andarono, per la maggior parte, a finanziare la costruzione, l’ampliamento e infine anche l’arredamento dell’imponente castello.

Nel 1574 Federico II incaricò alcuni architetti olandesi di ricoprire il castello con tetti di rame e con un rivestimento di arenaria, secondo lo stile rinascimentale, o quello che in Danimarca passava per tale; tre anni dopo gli diede il nome attuale.
 Ma era destino che il monumentale edificio cambiasse continuamente forma: nel 1629 scoppiò un devastante incendio, dal quale si salvò soltanto la chiesa, dove è tuttora visibile un pregevole altare del 1587 con rilievi dorati.
 Il castello venne perciò ricostruito in maniera pressoché integrale da Cristiano IV. Nel 1658 lo occuparono gli svedesi, che non si fecero tanti scrupoli: lo saccheggiarono completamente, dandolo poi alle fiamme. Nei decenni seguenti Kronborg fu utilizzato come prigione di Stato: vi languirono anche personaggi illustri come la regina Carolina Matilde. Tra il 1785 e il 1922 servi invece da caserma, finché non ricevette l’attuale, più confacente destinazione.
 Dal 2000 fa parte dei Patrimoni dell’Umanità.

I turisti, a Kronborg, visitano il castello, e si immergono nei ricordi shakespeariani. Pochissimi sanno – o notano – che il palazzo reale è in realtà il centro di un poderoso sistema fortificato che annovera una complessa e spettacolare serie di strutture bastionate, fatte a difendere la residenza e la città.
 Il palazzo è il raffinato gheriglio di una gigantesca, solida noce costituita da una triplice cinta di opere bastionate.

Shakespeare ambientò l’azione dell’Amleto sull’isola danese di Sjaelland, che lo stretto di Oresund divide dalla Svezia: Kronborg divenne cosi il ‘luogo shakespeariano’ per eccellenza. Nel castello si svolgono tuttora regolarmente festival shakespeariani. Una lapide vi ricorda il punto in cui il drammaturgo, nella finzione scenica, fa apparire al principe lo spettro del padre assassinato, che chiede vendetta. 
Nel 1816 il dramma venne rappresentato per la prima volta a Kronborg.

“Essere o non essere, questo è il problema”; “C’è qualcosa di marcio in Danimarca”: tutti conosciamo queste celebre frasi dell’immortale opera shakespeariana, ispirata alle oscure vicende di un principe vichingo vissuto nello Jutland nel V secolo. 
Non si sa di preciso dove visse Amleto, ammesso che sia realmente esistito. Ma la sua storia si collega strettamente con il castello attuale, perché il drammaturgo inglese scelse proprio Kronborg per ambientarvi il suo dramma. Per diventare re, Claudio avvelena il fratello, padre di Amleto, e ne sposa la moglie Gertrude, madre dello sfortunato principe. Al fine di stornare i sospetti dello zio, questi si finge pazzo, riuscendo cosi, al termine, a uccidere l’usurpatore. La tragedia si conclude con la morte di tutti protagonisti: scambiandolo per lo zio nascosto dietro una tenda, Amleto colpisce mortalmente Polonio, padre dell’amata Ofelia; la quale, per il dolore, si lascia andare nel fiume e annega. Amleto viene allora sfidato in duello da Laerte, fratello di Ofelia, la cui spada con la punta intrisa di veleno causa la morte di entrambi i contendenti. Gertrude beve da un calice avvelenato, originariamente destinato ad Amleto, e lo stesso principe di Danimarca, prima di spirare, riesce a tirare una stoccata mortale all’odiato zio Claudio. Questa, in estrema sintesi, la vicenda, che però Shakespeare trasforma in una titanica allegoria sul veleno del potere.

Secondo una vecchia leggenda Holger Danske, un contemporaneo di Carlo Magno, riposa sotto la “Kronborg”, ovvero l’attuale castello di Kronborg.
 Narra la leggenda che se la Danimarca dovesse correre un pericolo mortale, Holger risorgerebbe per cacciare i nemici con la spada. Uno dei sotterranei del castello custodisce un suo monumento, che attira migliaia di visitatori.

Louis Armstrong



Condivisa  con l'amica Betty splendido pezzo

I N A U D I T O ! ! ! !

Affermazioni sconvolgenti vigliaccamente esposte da un (personaggio)che non ha nemmeno il coraggio di metterci la faccia
Se un bambino/a o un adolescente ha dei problemi di affettività dovere di un sacerdote è aiutare lui/lei e la sua famiglia a creare questo rapporto non abusarne
La chiesa e la religione parlano d'amore ma non certo di quel tipo
Come si fa a mettere sullo stesso piano una carezza un buffetto (cosa carina da fare a un bimbo/a) con baci lascivi e rapporti carnali?
Questi individui (compreso l'equivoco tizio)dovrebbero scomparire dalla chiesa essere perseguiti pubblicamente e condannati con pene severe non nascosti Fin che ciò non avverrà la chiesa continuerà a perdere proseliti e i bambini a non essere tutelati.
La chiesa deve fare una grande pulizia e gettare la spazzatura
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