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mercoledì 29 maggio 2013


Re Artù e la leggendaria foresta di Broceliande



La Foresta di Paimpont (Broceliande per i poeti), è rimasto un luogo affascinante e pieno di misteri, nonostante il turismo, dove si riesce ancora a percepire il canto di Mago Merlino e le danze delle fate nelle radure annebbiate. E' un vero piacere perdersi nei boschetti e percorrere i sentieri, non ancora segnati, nelle ore più propizie, quando gli elfi e le fate abitano il sito e gli spiriti mormorano alle orecchie di chi sa ascoltare l’epopea della Tavola Rotonda, le gesta di Re Artù e dei suoi cavalieri, gli amori di Viviana e di Lancillotto del Lago. La foresta di Paimpont, è situata nel dipartimento dell'Ile et Vilaine, in Bretagna, a 30 chilometri ad ovest di Rennes. Appartiene principalmente a dei privati che la sfruttano per la legna e la caccia, soltanto una piccola parte, al nord est (10%), è demaniale ed è gestita dall'Office National des Forets (ONF).

La leggenda dice che nella foresta di Broceliande, vi è la tomba di Merlino; si tratta di un cumulo di pietre in un punto difficile da trovare anche con delle buone carte topografiche. Secondo la leggenda, dopo aver sedotto Merlino, Viviana lo circondò di una nube poi lo seppellì vivo in un sepolcro costruito con due enormi pietre appoggiate una sull’altra.

Oggi rimane ben poco del maestoso monumento originale.. il proprietario del luogo, per cercare un ipotetico tesoro lo fece saltare con la dinamite nel 1892. 
Accanto alla tomba, molti superstiziosi lasciano bigliettini e anche assegni sui quali scrivono i loro desideri.

Scoperto il più antico rotolo esistente della Torah, era in una biblioteca di Bologna



La Biblioteca Universitaria di Bologna conservava da epoca immemorabile, senza saperlo, il rotolo del Pentateuco ebraico più antico del mondo.
 Il documento reca la segnatura "Rotolo 2", è di morbida pelle ovina (lungo 36 metri e alto 64 centimetri), contiene il testo completo della Torah in ebraico (ovvero Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio) ed era stato precedentemente catalogato come probabilmente risalente al XVII secolo. Il "Rotolo 2", invece, è stato vergato in un periodo compreso tra la fine del XII secolo e l'inizio del XIII (1155-1225) e risulta essere, dunque, il più antico rotolo ebraico completo della Torah oggi conosciuto: un esemplare d'immenso valore, la cui importanza per gli studiosi è evidente anche a un pubblico non specializzato.
 La scoperta è stata fatta dal professor Mauro Perani, ordinario di Ebraico presso il Dipartimento di Beni Culturali dell'Università di Bologna, sede di Ravenna, durante la redazione del nuovo catalogo dei manoscritti ebraici della Biblioteca Universitaria di Bologna.
 La datazione, già chiara ad un esame grafico-testuale e paleografico, è stata confermata da ben due analisi con il Carbonio 14, eseguite dal Centro di datazione e diagnostica del Dipartimento di Ingegneria dell'Innovazione dell'Università del Salento e dal Radiocarbon Dating Laboratory (Illinois State Geological Survey) dell'Università dell'Illinois, Urbana-Champaign. L'antichità del "Rotolo 2" non era stata riconosciuta da Leonello Modona, un ebreo originario di Cento che lavorò per anni come bibliotecario alla Biblioteca Universitaria Bolognese, il quale, nel suo catalogo del 1889, lo riteneva risalente al secolo XVII, e ne descriveva la grafia come "un carattere italiano piuttosto goffo, in cui alcune lettere, oltre le solite coroncine e apici portano delle appendici non comuni e strane".

Il professor Perani, nell'esaminarlo per il nuovo catalogo, si è accorto che la grafia orientale era, in realtà, molto elegante e raffinata, mentre le caratteristiche grafiche e la struttura testuale risultavano atipiche e molto più antiche del Seicento. Questa scoperta sembra voler riconfermare il legame che unisce a filo doppio Bologna e la Torah: nella città di Bo-lan-yah (pronuncia dialettale che in ebraico significa: "In essa alloggia il Signore") fu stampata nel 1482 la prima edizione in assoluto del Pentateuco ebraico e, oggi, a Bologna si scopre il più antico rotolo della Torah che si conosca al mondo. 

 huffingtonpost.it]

L'incredibile storia di Port Royal



Port Royal era una piccola città giamaicana che venne colonizzata dagli inglese all’inizio del 1600. 
 Il 7 Giugno del 1692 un terremoto, molto forte, ma non violento, interessò la colonia britannica che per le particolari condizioni geologiche su cui si fondava sprofondò in mare, portando dietro di sé l’intero centro abitato e i suoi abitanti. Questo evento disastroso ha fatto si che gran parte della città si sia conservata intatta fino ai giorni nostri sui fondali del mare Caraibico, trasformandosi in una sorta di “Atlantide” dei Caraibi, un autentico tesoro archeologico sommerso, tuttora metà di importanti immersioni. 
 La città di di Port Royal allora era il più ricco possedimento inglese nel Nuovo Mondo e aveva raggiunto questo status sia grazie all’azione dei pirati delle “Indie Occidentali” che al commercio del rum e alla tratta degli schiavi provenienti dalle coste dell’Africa occidentale. 
 Il mattino di mercoledì 7 Giugno 1692 il reverendo Heath, pastore della più grande chiesa del porto, stava pregando quando d’improvviso la terra cominciò a tremare in maniera violenta. Il reverendo riuscì a salvarsi fuggendo mentre il terreno cominciava a sprofondare sotto i suoi piedi.
 I pirati inglesi, parecchi decenni addietro, avevano costruito Port Royal sopra un terreno molto instabile. Difatti la colonia era ubicata sopra una lingua di terra in forte declivio verso il mare, caratterizzata da sabbie, ghiaie fluviali, spesse oltre 30 metri. 
 Un terreno molto soffice e poco consolidato. Cosi quando si verificò il forte sisma gli strati di sabbia e ghiaia, scossi dalle onde sismiche, scivolarono in mare, trascinando con sé pure l’abitato di Port Royal.
 Poi, dopo il forte terremoto, fece seguito uno tsunami che inondò le uniche aree della città che rimasero sopra la superficie dell’acqua. In pochi minuti, dopo il terremoto e lo tsunami, Port Royal piombò su un fondale al di sotto dei 15 metri. Quando finì tutto oltre 2000 persone erano morte, mentre del fiorente porto non restavano solo che rovine ormai inabissate.



 Qualche settimana dopo il tremendo disastro il reverendo Heath, scampato miracolosamente a quel tragico evento, riferendosi ai cosiddetti “malfattori” che rimanevano in quel luogo, scriveva cosi; “Spero che questo terribile giudizio di Dio li indica a cambiare vita, poiché non penso che esistano persone cosi prive di timor di Dio sulla faccia della terra”. 

A circa due secoli di distanza, precisamente nel 1959, due archeologi statunitensi cominciarono a scandagliare i fondali attorno le coste della Giamaica, scavando sotto uno strato di due e tre metri di limo e sabbia. Ciò che scoprirono, dopo giornate di intensa ricerca, i resti della città, ancora integra sotto i fondali della Giamaica. Nonostante molte costruzioni e edifici sono rimasti distrutti dalle scosse, interi isolati di case e negozi di Port Royal erano stati trasportati dai lembi di terreno scivolati in mare, ancora integri, sui fondali marini. Rimossi i sedimenti che li ricoprivano gli archeologi scoprirono costruzioni con i muri ancora in piedi e le porte e le finestre ancora al loro posto.



 Fu una scoperta davvero sorprendente che colse di sorpresa gli stessi archeologi. Addirittura in una cucina di una abitazione, nel fondo di un recipiente di rame, furono rinvenute le ossa di una tartaruga, presumibilmente i resti di un pasto iniziato ma mai terminato. In un negozio di falegnameria si trovò un letto quasi terminato, mentre all’interno di una piccola farmacia erano ancora allineati dei flaconi di medicanti e albarelli che contenevano medicinali pronti all’uso. Nuotando fra le rovine i sommozzatori trovarono pure bottiglie di acqua di rose ancora chiuse, un anello nuziale d’oro con tanto di iscrizione. Inoltre, fra i resti della vecchia città dei pirati, fu rinvenuto pure un forziere, ormai corroso dalla salsedine, con oltre 1536 monete d’argento sparpagliate tutto intorno. Le ricerche sottomarine degli anni successivi portarono alla scoperta di altri lembi di città, coperti dai detriti sabbiosi, ancora tutti intatti. Ma queste ricerche sottomarine costituiscono sempre una avventura molto rischiosa. Questo vale ancora di più per i resti sommersi di Port Royal, l’Atlantide dei Caraibi, visto che la Giamaica è una zona sismicamente attiva, dato che si trova lungo il margine della placca caraibica che si scontra con il bordo più meridionale della placca nord-americana.


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