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giovedì 20 febbraio 2014

Il simbolo dell'Ankh


Conosciuta anche con il nome di croce ansata, l'Ankh è un sacro simbolo dell'antico Egitto: basta guardare gli splendidi geroglifici per vedere le numerose divinità rappresentate con la croce, sia in mano sia al petto, indicandone così la natura ultraterrena e l'eterna esistenza, conferendo alla croce stessa un valore divino, religioso e sacro al di là dell'umano. 
Nel corso dei secoli, la simbologia della croce è stata legata a quella della vita, che unita alle divinità indica la presenza di forze naturali, mistiche, cosmiche e generatrici dell'universo, essenza quindi dell'esistenza stessa.
 Sebbene sia stata sempre riconosciuta come simbolo della vita terrena, ultraterrena ed eterna, il suo significato originale rimane ancora oggi un mistero: molte sono le teorie che si sono sviluppate nel corso del tempo sull'origine dell'Ankh, con esiti talvolta discordi tra loro e senza mai giungere ad una completa certezza sulla sua reale natura.


Le ipotesi più accreditate sono, appunto, più d'una: nella croce si può leggere il sorgere del sole all'orizzonte, con il cerchio superiore che simboleggia l'astro nascente, le braccia aperte l'orizzonte e la linea verticale il percorso che esso compie prima di sorgere.
 Un'altra teoria vede in essa l'unione mistica tra il principio femminile e quello maschile: le due parti dell'Ankh, la tau sottostante e l'ansa superiore, corrisponderebbero infatti alla rappresentazione delle divinità principali della religione egizia, Iside ed Osiride.
 Questa immagine ricondurrebbe anche alla metafora della nascita del Nilo, essenziale fonte di vita per tutto il regno, con la parte superiore della croce ad indicare il delta, la linea verticale il percorso che esso compie scorrendo in tutto il territorio egizio e le braccia i deserti che il fiume della vita attraversa, quello libico e quello arabico. In questo caso, il significato dell'Ankh acquisiva valore, divenendo anche chiave della vita, ed in senso più lato chiave della vita eterna, vedendo in essa il superamento della morte da parte dell'anima ed il raggiungimento della vita eterna e quindi dell'immortalità. 
Questa teoria sarebbe suffragata dal fatto che per gli antichi egizi l'Ankh era un elemento fondamentale nel processo di mummificazione, indispensabile nei riti di sepoltura: l'Ankh, posta sul petto del defunto, permetteva alla sua anima di aprire i cancelli dell'aldilà una volta giuntavi.


Il simbolo dell'Ankh rimase vivo nella cultura egizia fino all'arrivo del Cristianesimo, quando tutti i simboli appartenenti alla sfera di una cultura religiosa ritenuta pagana vennero repressi.
 Le sue profonde radici nella storia degli antichi regni permise però alla croce di Ankh di mantenere una certa importanza, finendo per essere assimilata dalla chiesa copta ortodossa ed adottata come simbolo del Cristianesimo Copto, data la somiglianza con la croce cristiana, ma soprattutto la totale assenza a qualsiasi riferimento zoomorfo ed antropomorfo che la potesse identificare con una antica religione pagana. 
 Oggi la croce di Ankh è riconosciuta nella simbologia egizia, e non solo, come simbolo cosmico della vita, dell'universo, della reincarnazione e dell'incontro tra mondo spirituale e mondo terreno

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L'Italia di due pesi e due misure

Dopo le recenti rivelazioni di Alan Friedman che sollevano molti dubbi sulla correttezza istituzionale del Presidente Napolitano (Hillgate , i misteri del Colle), e confermano con le prove ciò che già si sospettava, ecco un’altra notizietta che riguarda Re Giorgio; quando da europarlamentare faceva la cresta sul rimborso spese. Lo riferiva già un articolo di tre anni fa “Toh, Napolitano…”. citando un video del 2004, di un canale televisivo tedesco, che circolava da tempo su internet.
Stranamente quel video oggi non è più disponibile; è stato eliminato da YouTube di recente.
Guarda che combinazione! E’ stato, però, ripreso e riproposto l’anno scorso in una puntata di La Gabbia su LA7. Sarà bene rivederlo, tanto per ricordarsi chi sono questi personaggi che si ergono a integerrimi custodi della morale, quelli che hanno la verità in tasca, quelli che sono sempre dalla parte giusta, i “migliori”, quelli che si autodefiniscono “Persone perbene“. Gli stessi che anni fa, ai tempi di Tangentopoli, graziati dalla magistratura amica, proclamavano “Noi abbiamo le mani pulite…”. Ecco, quelli, i compagni di Napolitano…
Stranamente quel video non è mai passato nelle reti televisive italiane. Distratti? Non si sapeva? Non era una notizia importante? Curioso che con tanti giornalisti d’assalto, sempre pronti a denunciare le magagne dei politici, nessuno abbia sentito il dovere di parlarne. Non lo ha fatto Santoro, il tribuno della plebe che da 20 anni usa la televisione per condurre la sua battaglia personale contro Berlusconi. Non ne ha parlato la Gabanelli nelle sue inchieste a Report, dove si denuncia la cattiva amministrazione, la corruzione e gli sprechi della politica. Né lo abbiamo visto a Ballarò di Floris. Nemmeno Fazio ne ha parlato nel suo salottino TV “Che markette che fa…” dove pubblicizza tutto, libri, CD, film in uscita, specie se sono opera di “compagni“. Non ne hanno parlato i telegiornali, sempre attenti a illuminarci su tutta la spazzatura nazionale ed estera, che chiamano informazione, e sempre pronti a riservare al nostro Presidente Napolitano il suo spazio quotidiano e dove tutti gli starnuti presidenziali diventano notizie di primo piano. “Tutto Napolitano minuto per minuto“; tutto, eccetto questa piccola magagna; non si deve sapere. Eppure tutti sono pronti a scendere in campo per difendere il diritto di cronaca, la libertà d’informazione. Ogni tanto, però, hanno delle amnesie, degli attimi di distrazione; io non c’ero, e se c’ero dormivo. Non ne sapevano nulla nemmeno i tanti buffoni e giullari di regime sempre pronti a sbeffeggiare i politici (meglio se sono di destra) con qualunque pretesto.
Quelli che da anni sono militanti politici mascherati da comici e fanno propaganda mascherandola da satira. Sono un esercito agguerrito, hanno i loro spazi in televisione, sui giornali, alla radio. Ma nessuno ha mai visto quel video che da anni era su internet, visto da centinaia di migliaia di persone. Lo hanno visto tutti eccetto i nostri comici ed i nostri giornalisti d’assalto. Curioso, vero? Già, è uno dei tanti misteri d’Italia…
Tratto da Torre di Babele di Giano

La Wicca

La religione Wicca in tutte le sue forme si basa su un’ idiologia comune, il culto del Dio e della Dea.
La coppia divina forma una cosa sola, che viene considerata la forza primordiale da cui tutto nasce, questa forza si concretizza nella materia che noi possiamo avvertire attraverso i cinque sensi, anche se quello che percepiamo è una parte infinitamente piccola del tutto che è infinito.
Il Dio e la Dea oltre a formare il tutto sono anche l’espressione di tutto quello che esiste, poichè ogni cosa ha anche il proprio contrario, il dualismo diventa così vita e tutto esiste grazie ad esso. Per i Wiccan il Dio e la Dea non hanno forma ma sono ammesse tutte le raffigurazione delle varie divinità pagane in quanto, tutti gli dei sono un unico Dio e tutte le dee sona un unica Dea.
La Wicca e la Cultura Celtica Il concetto di strega è legato alla figura femminile e per esaminare il ruolo e il valore del fenomeno della stregoneria in una cultura è necessario affrontare il ruolo e la posizione della donna in quella determinata società.
Nella cultura celtica,come in quella gaelica la donna aveva una collocazione senz’altro diversa dalla cultura mediterranea.
Non comprendendo il mondo celtico situazioni di sessuofobia e ginecofobia,la donna è stata sempre considerata,se non alla pari del maschio senz’altro figura importante e determinante nel sostegno e nella conduzione del clan e della comunità.

I Celti avevano il culto della Dea Madre, figura femminile potente, dispensatrice di vita e di morte e legata al ciclo delle stagioni.
Al contrario della società insediate nell’area mediterranea le celte e le gaeliche avevano accesso alla cura ed alla medicina erboristica e addirittura al potere della chirurgia.
In alcune culture nordiche il potere della medicina era addirittura competenza esclusiva delle femmine del clan.
Colei che raccoglieva, seccava estraeva principi vitali dalle erbe era considerata creatura soprannaturale e degna del rispetto, se non addirittura, della venerazione del gruppo.
Da qui, il ruolo soprannaturale delle medichesse, al concetto di stregoneria, il passo è brevissimo.
La wicca ha, soprattutto all’inizio, queste competenze e specificità: la cura (allora ritenuta evento vicino al divino) e la guarigione del malato o ferito.

Ma in una società prevalentemente agricola e pastorizia anche gli eventi della natura ed i ritmi stagionali erano di vitale importanza per il gruppo, come la previsione di tali eventi e la ritualità propiziatoria.
La wicca si va quindi a collocare in questi ambiti ed ad inserirsi in tutto quell’insieme di comportamenti sociali tesi a rendere favorevole il rapporto tra uomo e natura.
La donna sacra, wicca o medichessa diviene artefice di sopravvivenza per il gruppo.
Le sue competenze vanno dalla cura alla premonizione, al rito propiziatorio al sacrificio per ingraziare la Dea Madre.

La wicca non compie malevoli sortilegi ma “piega le vite degli altri e le indirizza”, quindi è sostanzialmente una guida spirituale.
La wicca non è, come la strix latina, a contatto con i demoni ma è la figlia eletta della Dea.
Tutta la ritualità tramandata ad oggi da gaelici e celti riguarda culti rispetto alla terra e cerimonie propiziatorie per cicli stagionali. E’altamente probabile che alcuni di questi riti pagani, passati nella cultura mediterranea totalmente impregnata dalle fedi monoteiste siano state in seguito interpretate come eventi di stregoneria malefica.
Vero è, e la storia purtroppo ce lo insegna, che il monoteismo rigetta da sé come corpo estraneo, qualsiasi evento culturale non abbia le sue stesse radici o orientamenti.


Molti dei riti celtici legati alla wicca sono arrivati fino a noi attraverso i secoli e ciò dimostra le radici profonde ed indistruttibili che assunsero nell’inconscio collettivo.
Vero è che neppure la conversione al cattolicesimo dell’Irlanda riuscì ad incidere sulla cultura della wicca, anzi i predicatori cattolici,primo tra tutti Patrizio non inglobarono le usanze locali nella nuova religione,ma caso forse unico nella storia della cristianità le nuove regole furono almeno parzialmente assimilate,ed in molti casi, trasformate,secondo il pensiero pagano.
La stessa grande festa per Patrizio,figura per altro molto amata dai gaelici irlandesi, fu fatta coincidere con un’importante celebrazione wicca: il sostilizio di primavera, 17 marzo e come festa del santo patrono nazionale cattolico ha mantenuto modalità fortemente pagane.
Un altro momento importante delle celebrazioni celtiche magiche era il passaggio tra il 31 ottobre ed il 1 novembre, quella notte che la cultura anglosassone ha trasformato nella festa di Hallowen ed i cattolici ricordano come la festa dei morti.
Entrambe le definizioni mantengono comunque il presupposto celebrativo del wiccan.
In realtà questa era la festa più importante di tutto il calendario celtico che si svolgeva secondo i ritmi della natura e delle stagioni. Era la celebrazione di Samhair, divinità che rappresentava la notte e la morte insieme.
Tutte le gesta epiche e le grandi battaglie della mitologia celtica e gaelica,dall’Irlanda alla Scozia al Galles si svolgono nella notte di Samhair.
Nel Samhair, per la wicca uomo-dio ed evento naturale insieme iniziava la triste epoca del lungo buio invernale, segnava la fine dei raccolti e della pastorizia; la vita dei clan si modificava in maniera radicale, le nebbie gelide scendevano sulle highlands, la luce del sole riscaldava solo per poche ore.
La gente dei clan si stringeva vicino ai focolari a narrare di gesta e leggende, secondo la regola della wicca le leggi che governavano la vita erano sospese.
Samhair chiamava a sé, in quella notte le anime dei morti e queste solo in questa occasione avevano la possibilità di entrare nel corpo di un vivente e riappropriarsi della vita.
Le wicths allora dicevano di spengere ogni luce di focolare in modo che i morti non potessero vedere i vivi e tornassero nel loro mondo. Il mattino seguente veniva acceso un grande fuoco al centro del villaggio o del castello e quel fuoco rappresentava il nuovo scorrere delle stagione e della vita verso la primavera.
Per lunghi anni, per lo meno fino all’anno 1000 il 17 marzo,che segnava la fine del lungo inverno,festa del solstilizio e di San Patrizio, la festa detta del Mag Shet imponeva che venisse sacrificato un primogenito alla dea madre (spesso era, anche per la scarsità di bambini vivi e sani, un animale).



In Italia troviamo tracce di magia wicca in val d’Ossola e questo probabilmente per possibili intrusioni celtiche con le invasioni barbariche dell’ultimo periodo.
La festa di Belenos o Beltane tutt’ora in uso, si rifà alla festa del bestiame e della purificazione degli animali.
Non a caso, poi durante l’Inquisizione, la valle fu particolarmente colpita da fenomeni di repressione fanatica questo a conferma del fatto che spesso nel medioevo nell’area mediterranea e cattolica, residui di tradizioni contadine pagane, furono scambiati per atti di stregoneria.

L'universo è in noi


Solo se riusciremo a guardare l'Universo come un tutt'uno in cui ogni parte riflette la totalità e in cui la grande bellezza sta nella diversità cominceremo a capire chi siamo e dove stiamo.

Tiziano Terzani

Fantasia - Dance Of The Sugarplum Fairy (Tchaikovsky) - Disney

Bruno Serato, lo chef italiano dal cuore d'oro


Bruno Serato è uno chef italiano che vive in California. Il suo lavoro si svolge a New York, nel ristorante Anaheim White House, ed è particolarmente richiesto da personaggi noti nella sfera della politica e tra le star. 
La buona cucina italiana ha raggiunto gli angoli più remoti del pianeta e forse può non sembrare una novità che uno chef attiri tanto l’attenzione. Ma Bruno Serato non è soltanto un cuoco: di notte la sua divisa prende un’altra forma e diventa un punto di riferimento per i bambini del Boys and girls club, una sede pubblica per l’infanzia. 
Qua i bambini vengono accolti in stanze poco costose, dove sono a contatto con una realtà non proprio adatta alla loro giovinezza: prostitute, drogati e alcolisti li circondano da ogni direzione, come capita spesso negli ambienti più poveri.
 Quando ha scoperto questa precaria situazione, e che i genitori dei piccoli non avevano nemmeno il denaro per nutrirli, Caterina, la madre di Bruno, è rimasta sconcertata e ha chiesto al figlio di «preparargli un piatto di pasta». 
Da quel giorno sono trascorsi sei anni e Bruno non ha mai smesso, durante la sera, di preparare dei piatti per i bambini del club: «tra 150 e 200 ragazzi, 7 giorni a settimana». Fino a ora ha servito ben 250 mila pietanze. La sua benevolenza è stato il motivo per cui l’America lo ha elevato all’ottavo posto nei Cnn Top 20 Heroes del 2011, la classifica che ogni anno sceglie venti persone per rappresentare il cambiamento quotidiano nel mondo.


Bruno Serato è originario di San Bonifacio, in Veneto, trasferitosi poi in California nel 1980 con appena 200 $ nel portafoglio. Dopo sette anni è riuscito ad aprire il suo stimato ristorante. Riferendosi ai suoi bambini ha detto :«Loro sono miei clienti. I miei clienti preferiti».


Fonte : http://www.diggita.it/
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