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lunedì 14 aprile 2014

I misteriosi abitanti della “città bruciata” che sapevano fare i “cartoni animati”.


È uno dei siti archeologi più grandi e ricchi dell'Età del Bronzo del Medio Oriente.
 Shahr-i Sokhta, conosciuta come la “Città Bruciata”, è un insediamento antico di 5 mila anni collocato nella parte sudorientale dell'Iran, non lontano dai confini con Pakistan e Afghanistan. 
Tra i tanti reperti lasciati dai suoi misteriosi abitanti c'è anche il primo “cartone animato” della storia.


Per quasi millecinquecento anni, dal 3200 al 1800 a.C., la Città Bruciata, il cui nome originale è Shahr-i Sokhta, è stata la più grande e importante città della preistoria, i cui resti hanno attirato archeologi di tutto il mondo per quasi un secolo.

 L’insediamento, posto nel sudest dell’Iran, non lontano dai confini con Pakistan e Afghanistan, si estendeva su una superficie di quasi 150 ettari.
 Secondo i documenti, sono quattro le generazioni che hanno occupato la città e le sue rovine mostrano che una volta l’insediamento urbano era diviso in quartieri residenziali, aveva una zona industriale e un grande cimitero pieno di costruzioni commemorative.
 Durante la sua esistenza, questo antico luogo è stato uno dei centri vitali della civiltà asiatica dell’Età del Bronzo, praticamente un importante centro di convergenza per molte delle civiltà preistoriche più importanti come quelle persiane, mesopotamiche, indiane e cinesi.

 Nonostante sia un sito di grande interesse da parte dell’archeologia internazionale, ci sono ancora alcuni enigmi che circondano il grande sito archeologico.
 Innanzitutto, la città sembra comparire nel corso della storia dal nulla. Alcuni studiosi attribuiscono la sua fondazione alla cultura Jiroft, ma è questione molto dibattuta.
 In secondo luogo, anche la sua scomparsa sembra essere improvvisa, ma anche catastrofica. 
Nel corso della sua storia, infatti, la città è stata incendiata per ben tre volte, cadendo definitivamente in rovina dopo l’ultimo incendio, quando fu deciso di non ricostruirla più.
 È possibile che il suo nome sia correlato a questi eventi sconosciuti e devastanti.
 Come riporta shahr-i-sokhta.ir, dato che gli scavi archeologici non hanno portato alla luce nessuna arma, fortezza difensiva e nemmeno mura di cinta per la difesa della città, molti studiosi ritengono che gli abitanti della città era un popolo pacifico e che non venivano coinvolti in guerre o battaglie di sorta.
 Lo studioso britannico Orwell Stein fu il primo ad individuare il sito archeologico della Città Bruciata nel 1915.
 Successivamente, un team di archeologi italiani dell’Istituto Italiano per il Medio Oriente ha cominciato a scavare la zona nel 1960.
 Tra le molte scoperte, quelle più significative riguardano lo stile architettonico degli edifici della città, come un tratto di muro spesso circa 90 cm, sulla cui superficie poggiavano pezzi orizzontali di legno coperti con fango e malta.
 Si pensa che tale tecnica servisse per rafforzare le strutture edilizie per far fronte ai terremoti, ma questo particolare architettonico non è ancora del tutto spiegato.




Sono stati rinvenuti anche i resti di molti laboratori industriali, per non contare tutti gli artefatti scoperti come piatti in pietra, terracotta e vari pezzi di stoffa.
 I ritrovamenti fanno pensare che gli abitanti di Shahr-i Sokhta fossero abili falegnami, cacciatori e tessitori.
 Inoltre, erano anche esperti in metallurgia, come suggeriscono i ritrovamenti metallici nel sito.

 Uno degli artefatti più significativi portati alla luce dagli archeologi italiani nel 1983 è un calice decorato color crema sul quale si pensa sia stata realizzata la più antica animazione del mondo.
 Cinque immagini consecutive disegnate attorno al calice ritraggono una capra che si muove verso un albero e mangiarne le foglie.
 Le immagini combinate sono considerate il più antico cartone animato conosciuto della storia. 
Il regista iraniano Mohsen Ramezani ha girato un documentario di 11 minuti intitolato The Tree of Life, nel quale ha utilizzato le illustrazioni del calice per mostrare il movimento della capra. L’immagine della capra è poi diventata il logo della ASIFA, l’Associazione iraniana per i Film d’Animazione.


Nel dicembre del 2006, gli archeologi sono incappati in un altra scoperta di massima importanza: un occhio artificiale che le analisi hanno rivelato essere la protesi oculare più antica mai utilizzata dall’uomo.
 Il bulbo artificiale è stato trovato su uno scheletro femminile di 1,82 metri di altezza, molto più alta delle altre donne del suo tempo.  
Nonostante le numerose campagne di scavi e gli studi effettuati sul sito, le ragioni per cui la Città Bruciata sia caduta in maniera così improvvisa rimangono un mistero. 
I ricercatori, tuttavia, continuano a sperare che un giorno si possa incappare in qualche documento storico che li aitui a trovare il nome originale della città e cosa sia successo ai suoi abitanti dopo che l’ultimo incendio la rase al suolo.

Tratto da : scientiantiquitatis

Immigrazione in Italia: numeri e conseguenze



Prima di esaminare le conseguenze del fenomeno migratorio in Italia, è doveroso esporre un po’ di numeri: ogni giorno, secondo fonti Istat (http://www.italiaora.org/), sono circa 1000 gli immigrati che entrano in Italia.
Detto questo, i conti sono facili a farsi: ogni anno ne entrano circa 365.000, e se la portata dei flussi migratori rimarrà costante, tra 10 anni saranno circa 3,65 milioni in più.
Attualmente in Italia gli immigrati sono 5.735.000, cioè circa il 10% della popolazione residente.
Facciamo un confronto: in Giappone, per esempio, su 127 milioni di abitanti, gli stranieri sono appena l’1,7%.
Dopo la breve quanto importante disamina della portata, passiamo agli effetti dell’immigrazione.
1) L’effetto più evidente dell’invasione di massa di stranieri in una nazione è la disgregazione e la ghettizzazione della società; ogni individuo tende a vivere tra i suoi simili, formando nelle città dei veri e propri quartieri etnici: il quartiere cinese, il quartiere africano e così via.
E chi è che mirerebbe a disgregare un popolo trasformandolo in un miscuglio multietnico?
Chi lo governa, rendendolo così più controllabile.
Un popolo unito e compatto fa paura ai governanti. http://www.corriere.it/esteri/09_maggio_05/salom_malmo_ghetto_ribelle_6798593c-3938-11de-ab3d-00144f02aabc.shtml
2) Un altro effetto dell’immigrazione, anch’esso piuttosto evidente, è il sovrappopolamento del territorio.
L’Italia, escludendo gli immigrati, sarebbe già un Paese sovrappopolato, con una densità di 200 ab./km².
La popolazione italiana ha un tasso di crescita pressoché pari a zero, cioè ogni giorno i nuovi nati sono pari di numero ai morti. L’aumento dei residenti è rappresentato esclusivamente da stranieri: in poche parole, bloccando l’immigrazione la popolazione totale si stabilizzerebbe.
Dal punto di vista ambientale, una grave conseguenza dell’aumento degli abitanti è la cementificazione del territorio, che toglie, in maniera inesorabile, terreno alle attività agricole. http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/cementificazione-italia-maglia-nera.aspx
3) L’ennesimo effetto dell’immigrazione è l’aumento considerevole della criminalità.
Non è una novità, ormai è sotto gli occhi di tutti.
Premettiamo che non tutti gli immigrati sono criminali: ovviamente ci sono anche quelli con la fedina penale pulita, che lavorano e che pagano le tasse, ma anche in quel caso ci sarebbe da ridire, in quanto sottraggono lavoro agli autoctoni accontentandosi di paghe minori, ma quello è un altro discorso.
La propensione degli immigrati al crimine è piuttosto evidente se esaminiamo la popolazione carceraria: circa il 40% dei detenuti nelle carceri italiane sono stranieri, a fronte di una popolazione residente del 10%.
Se tutti avessero la stessa propensione al crimine, gli stranieri sarebbero il 10% dei detenuti, e gli italiani il 90%.
Fonti: http://www.istat.it/it/archivio/77789
4) Nei mesi scorsi, si è tanto discusso del sovraffollamento delle carceri, ma non della causa: la presenza di 23.000 immigrati.
E’ facilissimo risolverlo: espulsione dal territorio nazionale di tutti i detenuti stranieri.
Inoltre, si risparmierebbero anche milioni di euro che vengono spesi ogni giorno per mantenerli.
Costo medio giornaliero per detenuto: http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_14_1.wp?previsiousPage=mg_16_1&contentId=SST171342
5) La presenza degli immigrati, la cui quasi totalità si dichiarano privi di reddito, li rende avente diritto(?) di sussidi, assistenza sociale e case popolari.
Per controllare la veridicità di ciò, è sufficiente visionare la lista d’attesa per le case popolari (costruite con le tasse degli italiani) di qualsiasi comune italiano: le prime posizioni saranno sicuramente una sfilza di Abdul, Mohamed e similari.
Alla faccia degli italiani senza casa. http://www.ilgiornale.it/news/milano/record-delle-case-popolari-su-due-va-agli-stranieri-955180.html
6) Gli immigrati ‘compromettono’ anche il mondo del lavoro: la loro presenza non fa altro che aumentare il lavoro nero e quello sottopagato.
Vengono sfruttati come schiavi per paghe irrisorie, che un italiano non accetterebbe mai. Il solito xenofilo direbbe: ” ma gli immigrati fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare”.
Falso. Non ci sono lavori che gli italiani non vogliono più fare, ma paghe che non possono accettare. http://crisis.blogosfere.it/2011/04/i-lavori-che-gli-italiani-non-vogliono-piu-fare-o-la-paga-che-non-vogliono-ancora-prendere.html
7) La presenza degli immigrati, la cui stragrande maggioranza non si sognerebbe mai di pagare le tasse, pesa in maniera ragguardevole sul welfare statale: usufruiscono di sanità e scuola gratis. Quello che lo Stato spende per loro è enormemente di più di quello che gli ritorna sotto forma di tasse. http://www.rightsreporter.org/ridurre-i-benefici-agli-immigrati-prima-di-intaccare-il-welfare/
8) Associato al fenomeno migratorio ci sono anche notevoli rischi sanitari: i migranti provengono da regioni del mondo in cui malattie infettive, come tubercolosi, scabbia e meningite, sono endemiche.
A conferma di ciò, negli ultimi anni sono sempre più frequenti focolai di tubercolosi e meningite nelle scuole italiane e nei “luoghi di sbarco”. http://www.blitzquotidiano.it/salute/siracusa-torna-tubercolosi-rischio-epidemia-fatto-quotidiano-40-mila-positivi-test-1620598/
9) Infine, una delle conseguenze più nefaste della presenza degli immigrati sono le rimesse, cioè i soldi spediti all’estero mediante i famosi money transfer, esentasse ovviamente.
Si aggirano intorno ai 7 miliardi gli euro che ogni anno lasciano per sempre il circuito economico italiano, rendendolo sempre più povero. http://www.tgcom24.mediaset.it/economia/articoli/1113388/immigrati-6-8-miliardi-di-rimesse-all-estero.shtml
Chi governa il nostro Paese è ben a conoscenza di questi effetti, rendendoli complici, se non i responsabili di questa catastrofe socio-economica.
Le contromisure da intraprendere dovrebbero essere: blocco dell’immigrazione e rimpatrio degli immigrati che commettono reati e/o non utili alla società.
Nel suo piccolo, ogni persona che vuole opporsi a questa follia masochista può farlo votando partiti che hanno nel programma lo stop all’immigrazione.
Tra le armi a nostra disposizione c’è il voto: utilizziamolo bene. 

Tratto da Identità. com

Pensiero mio 
Io personalmente non sono contro l'immigrazione  purchè essa sia regolamentata da leggi ferree e attuate scrupolosamente (come avviene negli altri paesi).
Chi delinque deve essere immediatamente rimpatriato
Chi assume un extracomunitario deve essere obbligato a metterlo in regola a tutti gli effetti a parità  non solo di salario ma pagando tutti i contributi spettanti ad ogni lavoratore e su questo si devono pagare le tasse.
A queste condizioni ben vengano anche cittadini di altri paesi.
La multirazzialità sono convinta sia un beneficio
Ma quello che avviene in Italia non è un flusso emigratorio regolamentato ma un invasione di masse allo sbando.
Qualcuno penserà che è un discorso razzista ...non lo è, anzi è un pensiero umanitario.
Non abbiamo strutture idonee,posti di lavoro, case, ecc.  per accogliere tutti questi esseri umani (appunto ESSERI UMANI CHE DEVONO VIVERE COME TALI ) non come topi in strutture fatiscenti o peggio allo sbando ovunque capiti.
Questa situazione non porta  sicurezza né a noi né  a loro.

Gli Agnelli sono passati da "Animali Sacri" a cibo tradizionale A causa di una tradizione cristiana mal interpretata,

Le Sacre Scritture dipingono Gesù come un "difensore" degli animali di ogni specie, al punto che ai giorni nostri lo definiremmo un Attivista Vegano, poichè MAI mangiò Animali e nessuno dei loro derivati.
Un episodio tratto da quel che ne rimane dei Vangeli Apocrifi: dopo che Gesù si prese cura di una gattina, alcuni notarono che aveva cura per ogni creatura, e gli domandarono il perchè, ed Egli rispose: "Sì, sono vostri fratelli e sorelle.
Chi si prende cura di loro, si prende cura di Me. Chi li maltratta, fa soffrire Me!".

La Pasqua degli agnellini
Agnelli che vengono legati insieme per le zampe anteriori e appesi per essere pesati.
Agnelli che camminano sul sangue e urlano mentre vengono spinti con la forza al macello.
E ancora agnelli che vengono issati a testa in giù, e sgozzati.
Molte sono le immagini choc riprese dagli attivisti dell'organizzazione no-profit animalista Animal Equality e diffuse sul sito www.salvaunagnello.com.
Un'investigazione, spiegano gli animalisti, che per la prima volta mostra quanto avviene nei macelli italiani soprattutto nel periodo pre-pasquale quando – tra agnelli , capretti, pecore e capre- vengono uccisi almeno 800 mila animali.
Le immagini riprese documentano una chiara violenza fisica verso gli animali sottoposti anche a una forte sofferenza psicologica.
«Si tratta di immagini scioccanti e reali di quanto accade a questi cuccioli di appena un mese di vita – sostengono gli attivisti- uccisi per diventare cibo "tradizionale" sulle tavole degli italiani».
«Forse non si riflette abbastanza su cosa è un agnello – sottolinea l'etologo Roberto Marchesini sul sito Salvaunagnello.com-
È solo un cucciolo e come tutti i cuccioli ha bisogno di avere accanto a sé una mamma.
In una folla di agnelli stipati in uno spazio angusto non c'è solo l'orrore per la mancanza dei requisiti minimi di benessere. Dobbiamo immaginare una folla di bambini, al di sotto dei due anni, che disperatamente cercano la mamma e piangono senza conforto e ininterrottamente, giacché la loro paura è aumentata dal pianto degli altri cuccioli, dalle urla degli uomini, dall'odore della sofferenza e del sangue».
Passiamo parola per una Pasqua di vera pace per tutti gli esseri 
viventi


Molto spesso i carichi i e le uccisioni avvengono di notte, proprio per evitare sanzioni per il mancato stordimento degli animali

Lo Studiolo di Francesco I de' Medici


Il Museo di Palazzo Vecchio offre al pubblico uno dei suoi ambienti più suggestivi e ricercati: lo Studiolo di Francesco I de' Medici, straordinaria "guardaroba di cose rare et pretiose" in grado ancora oggi di restituire non solo la visione del mondo naturale nel Cinquecento ma anche tutto il fascino che questa esercitava sul Granduca, appassionato studioso delle meraviglie che potevano scaturire dall'incontro fra la Natura e l'Arte.

 La costruzione dello Studiolo, compiuta tra il 1570 e il 1575 su progetto dell’architetto e pittore di corte Giorgio Vasari e dell’erudito Vincenzo Borghini, fu commissionata da Francesco de’ Medici che nel 1564 era subentrato al padre Cosimo I nella guida del ducato toscano in qualità di reggente.
 Il piccolo ambiente faceva parte dell’appartamento privato del duca e vi si accedeva unicamente dalla camera da letto sul lato opposto a quello del colle­gamento con il Salone dei Cinquecento, aperto nel XIX secolo. 
Sia la collocazione che la conformazione rispecchiano i canoni di questa particolare tipologia di ambienti, comuni nelle regge principesche fin dal Medioevo e destinati, oltre che allo studio, ad acco­gliere gli oggetti più preziosi e di piccolo formato delle collezioni di famiglia, che i proprietari mostravano solo a ospiti speciali. 
 Francesco I infatti ne richiese la costruzione per riporvi ‘certe sue cose’ e lo ‘stanzino’, come era allora chiamato, venne concepito alla stregua di ‘una guardaroba di cose rare et preziose et per valuta et per arte, come sarebbe a dire gioie, medaglie, pietre intagliate, cristalli lavorati et vasi, ingegni et simil cose, non di troppa grandezza, riposte nei propri armadi, ciascuna nel suo genere’.
 Gli armadi si aprono nello spessore della muratura lungo il registro inferiore delle quattro pareti, dietro i dipinti di forma ovale che, insieme alle rispettive cornici, ne costituiscono gli sportelli.


Secondo l’invenzione di Borghini, ogni lato dello Studiolo era dedicato a uno dei quattro elementi della natura e raggruppava nei relativi armadi tutti gli oggetti ritenuti appartenenti a quella categoria, come le pietre o le ossa intagliate per la Terra, i distillati e i vetri e metalli forgiati con il calore per il Fuoco, i cristalli per l’Aria o le perle per l’Acqua.
 La decorazione degli sportelli e del soprastante registro in lastre di lavagna, alternate a sculture in bronzo entro nicchie, rifletteva il contenuto degli armadi con scene bibliche, mitologiche, storiche, allegoriche e di genere, allusive alle qualità degli oggetti che vi si custodivano.
 L’intero programma iconografico dello Studiolo è dunque dedicato a celebrare il rapporto tra Arte e Natura, in linea con gli interessi di Francesco I, ricordato non tanto per azioni di governo, quanto piuttosto per la sua passione per le scienze e l’assiduità con cui praticava in prima perso­na l’alchimia, lo studio dei fenomeni “occulti” e varie altre attività sperimentali, dalla fusione del vetro alla ricerca della formula della porcellana.
 Il fulcro dello schema iconografico coincide con la decorazione ad affresco della volta che mostra un cosmogramma, con al centro la personificazione della Natura che tende una pietra preziosa a Prometeo, rappresentante l’Arte come inventore delle gemme e degli anelli, e intorno le allegorie dei quattro elementi (terra, acqua, aria, fuoco), delle quattro qualità (freddo, umido, caldo, secco), dei quattro temperamenti dell’uomo (malinco­nico, flemmatico, sanguigno, collerico) e delle quattro stagioni (nelle lunette, a fianco dei ritratti dei genitori del committente).








Il particolare fascino dell’ambiente si deve sia all’originalità dell’invenzione che al felice risultato dell’unione dei contributi dei trentuno artisti diversi, quasi tutti membri della fiorentina Accade­mia del Disegno, che furono chiamati a realizzarla, in competizione l’uno con l’altro.
 Questa peculiarità fa dello Studiolo una vera e propria summa del tardo Manierismo fiorentino, comprendente opere di alcuni dei più rinomati pittori e scultori dell’epoca, tra cui lo stesso Vasari, Alessandro Allori, Giovanni Stradano, Bartolomeo Ammannati e Giambologna.

Osserva intorno a te ...


La natura regala spettacolo inattesi, meraviglie senza limiti agli occhi di chi desidera vedere.
Osserva intorno a te, hai tutto ciò di cui hai bisogno per essere felice ed è la natura a regalartelo.


Sephen Littleword

Flying Duck Orchid: l’orchidea a forma di anatra


Flying Duck Orchid deve il nome al suo aspetto, che ricorda quella di una piccola anatra che spicca il volo, con la testa e il becco proiettati verso l’alto e le ali piegate all'indietro. 
 Se non siete mai stati nel deserto australiano, è probabile che non l’abbiate mai vista prima.
 Nonostante i numerosi tentativi di far crescere questa straordinaria specie in un altro luogo sulla terra, la Flying Duck Orchid sembra rifiutare di riprodursi in cattività. A quanto pare, questo perché le sue radici hanno un rapporto simbiotico con la parte vegetativa di un fungo che si trova solo in Australia. 
Il fungo protegge il fiore dalle infezioni. Questo, infatti, senza la sua presenza, non dura mai a lungo.
 Ma anche se volete imbarcarvi alla volta dell’Australia per vedere l’Orchidea Anatra nel suo habitat naturale, il successo non è assicurato. 
Bisogna osservare molto attentamente per individuarla. Con i suoi 50 centimetri di altezza non è sicuramente il più piccolo fiore del mondo, ma la sua colorazione rossa e viola l’aiutano a mimetizzarsi perfettamente con il suo ambiente, tanto da renderlo quasi invisibile.


Il fiore di questa pianta, dal nome scientifico Caleana major, non riveste solo una funzione estetica, anzi, svolge un ruolo importante nella sopravvivenza della specie. 
La sua lunghezza e larghezza sono perfettamente adatte come piattaforma di atterraggio per gli insetti che impollinano questo fiore. Quando atterrano sull’orchidea restano intrappolati. L'unica via d'uscita è attraverso il polline. 
Madre Natura sa essere geniale, non c'è che dire.

 Roberta Ragni
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