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martedì 3 febbraio 2015

Il Green Man


Semi-nascoste sotto i capitelli, le volte o le basi delle colonne in molte chiese, soprattutto di epoca medievale, si trovano a volte delle strane figure, dei volti, circondate da fogliame il quale, abbastanza frequentemente, spunta fuori dal naso, dalla bocca o dagli occhi, altre volte invece sostituisce i capelli.
 È il Green Man (letter. "Uomo Verde"), anche se questo è un nome di convenienza, perché nessuno ancora sa come questo tipo di raffigurazione venisse chiamata al principio, né quale fosse il suo significato originario.

 Quello che si sa è che non si tratta di un emblema medievale, ma molto più antico: teste fogliate di questo tipo sono state scolpite nei fregi dei templi e sui capitelli durante tutto l'Impero Romano, e vegetali che spuntano dai volti sono apparsi nell'arte Indiana dall'VII sec., molto prima che diventassero comuni in Europa.

 Se ne conoscono numerosissime varianti, che coinvolgono non solo il tipo di vegetazione che circonda la faccia o il modo in cui è associato ad essa, ma anche nell'espressione stessa del viso che può, a seconda dei contesti o del significato particolare che gli è stato associato, essere ridente, serio, malinconico oppure minaccioso o pauroso.
 In alcune raffigurazioni i volti possono sembrare più animali che umani, e si trovano immagini che possono sembrare piante e visi umani allo stesso tempo.


Come immagine, l'Uomo Verde è conosciuto da circa duemila anni, da quando, cioè, è emerso spontaneamente in posti differenti, in diverse culture e periodi.
 Come concetto, invece, è molto più vecchio, trovandosi già ai primordi della mitologia. 
Frazer, nel "Ramo d'Oro", descrive molti miti che collegano un uomo con un albero; William Anderson, in "Uomo Verde, l'archetipo della nostra unicità con la Natura" e Anne e Jules Cashford, nel "Mito della Dea" sviluppano l'argomento più in dettaglio. 
L'uomo verde ha inoltre altri incarnazioni, sia nelle tradizioni popolari di tutta Europa, ma soprattutto dell'Inghilterra (si considerino, ad esempio, i racconti popolari come "Sir Gawain ed il Cavaliere Verde" o quelli legati alla figura di Robin Hood, v. il paragrafo "Uomini selvaggi e tradizioni popolari").

Si pensi, ad esempio, quanti racconti la mitologia greca o romana ci ha tramandato circa uomini o donne trasformate dagli dei in piante, uno per tutti il mito di Daphne trasformata in un cespuglio di alloro. 
Le "Metamorfosi" di Ovidio sono piene di racconti del genere. È stato ampiamente riconosciuto che tutti questi hanno la stessa origine nella psicologia umana, un'idea archetipica inerente alla nostra mentalità che ci lega al mondo naturale.
 Questa è la funzione di un archetipo, una struttura mentale innata che automaticamente risuona richiamando alla mente concetti fondamentali come, in questo caso, il riconoscimento del nostro indiscusso legame con la Natura ed i suoi principi. 
Quante volte abbiamo giocato ed abbiamo avuto piacere nel riconoscere delle facce o delle sembianze umane nelle forme delle nuvole, delle rocce, delle piante? Inoltre, l'uomo ha da sempre un amore istintivo per ciò che è verde e per la natura, tanto è vero che gli psicologi attribuiscono al colore verde un senso di pace e di tranquillità, ragion per cui i banchi di scuola o anche il segnale di via libera ai semafori hanno assunto questo colore.
 Il Green Man coniuga in un'unica immagine queste due caratteristiche innate nella mente umana, producendo un archetipo dagli effetti benefici.

 La gente doveva aver provato le stesse sensazioni anche nel Medioevo, perché all'interno delle chiese la presenza del Green Man non è mai apertamente manifesta, ma quasi sempre lo si trova in posti nascosti o poco visibili, come le borchie decorative di una volta, difficilmente distinguibili dal basso, o alla base dei sedili lignei del coro, dove in pochi vanno a guardare, in modo che la loro scoperta casuale crei sempre una soddisfazione.


Naturalmente, non tutti i Green Men ispirano idee così amichevoli. Alcuni di essi, al contrario, appaiono feroci; altri sorridono, ma con uno sguardo che fa supporre che ci sia poco da fidarsi.
 D'altronde, in un periodo in cui le strade non erano mai sicure ed in cui un volto che spuntava da un cespuglio poteva benissimo essere quello di un rapinatore o di un assassino, ecco apparire un'altra valenza di questo simbolo universale.
 In questa variante, dunque, il Green Man è assimilabile ai Demoni della Foresta, spiriti maligni e negativi dai quali è bene mettersi in guardia. 
Molte credenze medievali attribuivano ai demoni la capacità di assumere varie forme, tra cui quelle di alberi capaci di camminare. 

Una leggenda cristiana racconta che il Demonio si salvò dal diluvio universale assumendo l'aspetto inoffensivo di una vite, che Noè portò con sé sull'Arca. 
Fu la stessa vite, poi, a causare l'ubriachezza di Noè dopo il diluvio, che tanto scandalo diede ai suoi figli, che lo videro danzare senza vesti in preda all'euforia. 

Trovare una di queste forme in una chiesa, quindi, può essere visto come una messa in guardia dal male e dalle tentazioni, come tante altre immagini terrificanti che spesso troviamo nelle chiese antiche e di cui, oggi, spesso non riusciamo a cogliere l'esatto significato.




Se alcuni Green Man, invece che gioiosi, appaiono spaventosi, se ne trovano altri che, al contrario, sembrano spaventati.
 Non si tratta certamente di demoni, ma nemmeno li possiamo associare alle immagini che celebrano il rapporto dell'uomo con la Natura.
 Ci troviamo di fronte ad un'altra valenza che questa immagine può assumere, quella della sofferenza. 

Nel tardo Medioevo, soprattutto dopo la terrificante esperienza della pestilenza nota come la Morte Nera, raramente si trovano Green Men gioiosi e pacifici. 
Spesso rami e foglie spuntano fuori dagli occhi, in un'immagine che può risultare terrificante; a volte i denti sono sporgenti o molto pronunciati, quasi a voler cercare di mordere la pianta che spunta dalla bocca, per tagliarla e liberarsi così dalla sua stretta soffocante. 

Talvolta, infine, troviamo dei volti deformi ed anche questo è un segnale molto forte per la mentalità medievale: a quell'epoca, infatti, le deformità erano un fenomeno molto più frequente e conosciuto che non ai giorni nostri, dovute all'insicurezza sui luoghi di lavoro, alla malnutrizione ed alla scarsa cura verso la gente povera, ed alla medicina non troppo avanzata. 

Tali incidenti nella vita di un uomo venivano sempre associati a qualche punizione divina per i suoi peccati. 
Un volto sofferente che si trasforma in pianta, quindi, pone l'accento sul confine tra naturale e soprannaturale, e può suonare come un monito contro il peccato e le tentazioni. 


La fantasia di scultori e scalpellini medievali, spesso copiando dalle miniature dei monaci, non si è limitata ai soli volti umani, ma è possibile rintracciare anche diverse figure di animali dalla cui bocca fuoriescono piante e foglie.

 La figura più frequente è quella del leone, ma si trovano spesso anche cani e dragoni.
 A dispetto del Green Man, sul quale non esistono documenti che ci spiegano qual'era il vero senso originario, per gli animali il simbolismo è abbondantemente spiegato nei documenti dell'epoca. Per il leone, ad esempio, esiste una vasta letteratura, anche se il suo significato ha una duplice valenza: a volte simboleggia il Cristo nella sua regalità divina, altre volte, invece, è il Demonio, pronto ad aggredire ed a divorare le sue vittime.

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Fonte: http://www.angolohermes.com

Il petauro dello zucchero


Il Petaurus breviceps, comunemente detto petauro dello zucchero o scoiattolo voltante, è un mammifero appartenente alla sottoclasse dei Metatheria (marsupiali) e alla famiglia dei Petauridae che popola la Nuova Guinea, alcune isole vicine (come l’arcipelago di Bismark) e l’Australia settentrionale e orientale.

 Questi petauri possono vivere nelle foreste di tutti i tipi se esiste la possibilità di un adeguato approvvigionamento alimentare. Costruiscono i loro nidi tra i rami degli alberi di eucalipto all'interno del loro territorio e, poiché sono stati ritrovati anche nel sud dell’Australia, devono essere in grado di affrontare il freddo in modo efficace.

 Il petauro dello zucchero è un marsupiale relativamente piccolo in quanto, pesa circa 100 grammi e misura tra i 12 e i 32 centimetri con la coda che va da 150 a 480 millimetri. 
Il colore di questi animali è blu-grigio sul dorso, mentre il ventre risulta più chiaro. Una striscia scura corre lungo la schiena dal naso fino alla coda e altre strisce di uguale colore sono presenti sui lati del volto dall’occhio all’orecchio.
 I petauri dello zucchero posseggono una membrava a vela che unisce le zampe anteriori a quelle posteriori che può essere aperta mediante l’allargamento degli arti.
 La femmina di petauro dello zucchero possiede un marsupio ben sviluppato entro il quale i cuccioli si spostano per completare l’accrescimento in seguito al parto.


I petauri dello zucchero sono animali estremamente attivi che sono in grado di planare anche per 45 metri. 
Nidificano in gruppi che sono composti anche di sette esemplari tra maschi e femmine adulti e i loro piccoli.
 Questi animali sono territoriali e ogni gruppo difende un certo numero di alberi di eucalipto che forniscono l’alimento di base.

 I maschi adulti del gruppo marcano regolarmente il territorio con la loro saliva, le secrezioni anali, le secrezioni degli arti e delle ghiandole odorifere. 

Di solito c'è un maschio dominante in ogni gruppo e questo è responsabile della maggior parte della marcatura del territorio e del gruppo.


Quando viene rilevato un altro esemplare che non appartiene al gruppo, questo viene immediatamente e violentemente attaccato. All'interno dei gruppi non vengono emessi comportamenti aggressivi se non quelli di sola minaccia non violenta.

 I petauri dello zucchero sono in grado di comunicare attraverso l’emissione di una gran varietà di suoni tra i quali è ben distinguibile il richiamo in caso di pericolo che sembra l’abbaiare di un cane di piccola taglia.


Il petauro dello zucchero è un animale onnivoro e manifesta una preferenza per la linfa dolce degli alberi di eucalipto.
 Durante i mesi primaverili ed estivi  si nutrono prevalentemente di insetti, soprattutto lepidotteri e coleotteri, mentre durante i mesi autunnali e invernali mangiano in maggior quantità prodotti vegetali, come la linfa e polline di eucalipto. 

 Questi marsupiali in cattività sono arrivati anche a 14 anni di vita e raggiungono la maturità sessuale alla fine del primo anno di vita (le femmine) e all'inizio del secondo anno (i maschi).

 Fonte: http://www.animali.net

L' orso della luna Ti Map cammina per la prima volta sull'erba dopo 14 anni in gabbia


Dopo 14 anni in una gabbia, l'orso della luna Ti Map si è finalmente lasciato alle spalle ogni paura e crudeltà subita per godersi liberamente l'erba della nostra riserva naturale diventata la sua nuova casa. 

Il suo salvataggio è stato piuttosto travagliato, dato che lo scorso marzo il team di Animals Asia per recuperarlo ha dovuto affrontare un viaggio attraverso tutto il Vietnam.
 Da allora, questo splendido esemplare che in passato non aveva mai conosciuto la libertà, è passato attraverso un lungo percorso di riabilitazione che può ora considerarsi concluso. 
Quando è stato sedato e rimosso dalla gabbia nella quale era stato rinchiuso per l'estrazione della bile, Ti Map ha smesso di respirare per ben due volte. 
La sua vita è stata salvata dal nostro capo veterinario Joost Philippa, che fortunatamente è riuscito a rianimarlo. 
Dopo questa esperienza, Ti Map – che in vietnamita significa Topolone (il Gasgas della favola di Cenerentola) - viene costantemente monitorato. 
Giorno dopo Ti Map ha cominciato a capire che la sua vita era cambiata e che non sarebbe più tornato in una gabbia.



Quando ha mosso i suoi primi passi sull'erba, Ti Map era molto renitente.
 Ha fissato l'area esterna dalla porta aperta per settimane, fino a quando non ha sconfitto ogni esitazione. 
La Bear Manager di Animals Asia Sarah Dempsey, dice: "Fortunatamente Ti Map è migliorato molto e riesce a stare sull'erba. Non è ancora completamente a proprio agio nei recinti esterni e preferisce stare dentro, anche se questo aspetto non è per nulla insolito fra gli orsi che sono stati chiusi in una gabbia per tanto tempo.
 Lui ha solo bisogno di imparare ad avere fiducia e a lasciarsi andare nei grandi spazi all'aperto, dove ha l'opportunità di foraggiare e godersi la vita in maniera decisamente più confortevole di quanto non abbia fatto purtroppo in passato". 

Fin dall'inizio del percorso di riabilitazione, i problemi di Ti Map sono parsi più seri di quelli degli altri orsi – anche di quelli che hanno sofferto numerosi anni di confinamento, una dieta inadeguata e l'estrazione della bile.


Per fortuna l'ultimo controllo veterinario, eseguito proprio la settimana scorsa grazie alla visita dello specialista in laparoscopia Romain Pizzi, non ha evidenziato alcun danno alla cistifellea.

 Sarah dice ancora: "Purtroppo le nostre osservazioni ci hanno portato alla conclusione che Ti Map reagisce agli stimoli "normali" in maniera diversa dagli altri orsi. 
È nervoso, insicuro, si spaventa facilmente e non si trova a proprio agio nel suo ambiente – anche con gli spuntini che disseminiamo nella riserva e i giocattoli.
 Non avendo mai interagito con altri orsi, né seguito una dieta bilanciata oppure foraggiato, quest'orso sensibile è diventato molto vorace seppur non ancora molto socievole." 
Sarah aggiunge: "Il suo unico obiettivo è normalmente quello di foraggiare – specialmente nel suo confortevole rifugio. Si arrabbia tanto quando altri orsi gli ringhiano contro e spesso sembra confuso. 
Per l'ora della pappa spesso si azzuffa con qualcuno, quasi volesse riscaldarsi prima di consumare il pasto.


Non comincia quasi mai a giocare con gli altri orsi, ma per le sessioni di lotta si concede a Parley, Milagro e Raymond che non sono troppo esuberanti, sempre che non ci sia ancora traccia di cibo nei paraggi. 
Adattarsi a una vita completamente differente non è per nulla semplice per gli orsi che hanno subito danni psichici come Ti Map, e ci vorrà molto tempo prima che impari a interagire con gli altri orsi nel suo nuovo ambiente, anche se piano piano vediamo emergere una personalità gentile e mansueta." 

Fonte: www.animalsasia.org
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