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lunedì 2 marzo 2015

I “Cani Solari”, dall'inglese “Sun Dog”, anche noti come “Parhelion”



 Si tratta di una sorta di arcobaleno che si manifesta intorno al sole ma che, a differenza del classico fenomeno conosciuto da tutti, ha i colori invertiti con il rosso all’interno e il violetto all’esterno. Quella mostrata e’ una foto di un Sun Dog completo, cioè completamente circolare. 
Spesso vengono riportate testimonianze di cerchi incompleti come se fossero presenti tre soli in cielo.


Come è evidente, si tratta di un fenomeno veramente affascinante  che lascia a bocca aperta le fortunate persone che riescono ad assistervi. 
Come e perché si manifestano questi fenomeni? 
Come è noto, i classici arcobaleni si formano a causa della dispersione dei raggi solari quando questi passano all’interno di minuscole gocce d’acqua in sospensione dopo un temporale.
 A causa della riflessione, la luce bianca del Sole, cioè composta da diverse lunghezze d’onda, viene scomposta e ciascuna frequenza esce con un angolo diverso, separandosi dalle altre. 
 Così per assonanza, possiamo pensare che anche il fenomeno dei Sun Dog sia dovuto ad un evento similare. Questo infatti e’ corretto.
 Quello che pero’ distingue questi fenomeni dagli altri più noti, è nel mezzo che crea la dispersione. 
 I Parhelion sono creati dalla dispersione della luce solare a causa di minuscoli cristalli di ghiaccio in sospensione che restano a seguito di un violento temporale freddo o come residui del passaggio di cirri.
 Generalmente, questi mini cristalli, con spessori compresi tra 0.5 e 1 mm, hanno forma esagonale, per cui, al loro interno, la luce viene scomposta un po’ come avviene quando guardiamo un diamante. 

Questa ragionamento, non e’ pero’ sufficiente a spiegare il fenomeno. 
Se ci pensiamo bene, avendo tanti cristalli esagonali in cielo, ognuno con la sua orientazione, come e’ possibile che venga creata questa forma esattamente circolare?
 La considerazione e’ corretta, ed infatti quanto detto non e’ ancora sufficiente a spiegare i Sun Dog.

In presenza di cristalli esagonali con orientazione casuale, quello che si forma e’ il fenomeno degli “aloni”, molto meno definiti. Affinché si formi un Parhelion è necessario che i cristalli siano tutti orientati verticalmente. 
In questo caso, la luce viene scomposta sullo stesso piano formando appunto queste meravigliose forme di cui abbiamo riportato le foto.  
Al contrario di quello che si pensa, i Parhelion non sono così rari. Affinché il fenomeno si formi è necessario che, prima di tutto ci siano i cristalli di ghiaccio orientati in modo corretto, ma anche che il Sole sia all’altezza giusta. 
Geometricamente, quello che si ottiene è un angolo di dispersione di 22 gradi rispetto al nostro orizzonte. 
Molto spesso però, questi fenomeni non sono facilmente visibili anche perché, come vedete dalle foto, per poterli identificare è necessario guardare direttamente in direzione del Sole. 



Spesso questi fenomeni sono riportati nella storia come presagi divini o segnali del destino.
 Partendo dai classici greci e latini, le opere sono piene di Parhelion riportati in concomitanza di grandi eventi o di luoghi specifici pregni di significato sociale e religioso. Per darvi qualche esempio, anche Cicerone nel De re publica parla dei Sun Dog ed in particolar modo della discussione nata nel senato romano dopo la comparsa di questi fenomeni.
 Shakespeare racconta invece nel suo Enrico VI del Parhelion comparso prima di una battaglia nella Guerra delle due Rose.


 Fonte: https://psicosi2012.wordpress.com

Nantucket, onde marine congelate e silenziose


L'occhio allenato di un surfista saprebbe distinguere un cavallone speciale all'orizzonte fra mille altri. Ma l'onda immortalata da Jonathan Nimerfroh, surfista e fotografo, è uno spettacolo che raramente capita di ammirare. 

 A Nantucket, un'isola degli Stati Uniti a sud di capo Cod (Massachusetts), il gelo record degli scorsi giorni ha creato uno strato di ghiaccio sulla superficie dell'Oceano Atlantico, imprigionando le onde in una morsa pesante e silenziosa. 

Passeggiando sulla spiaggia, Nimerfroh ha visto davanti a sé le "sue" onde in movimento, ma rallentate da una coperta di neve bagnata, una sorta di fanghiglia di cristalli di ghiaccio non ancora aggregati. 

«Ho notato un orizzonte davvero bizzarro», racconta il fotografo. «Sul bagnasciuga avevo la neve fino alle ginocchia. Ho visto queste onde mezze congelate. 
Di solito in estate si sente il suono delle onde che si infragono, ma lì era tutto assolutamente silenzioso. Come se avessi le cuffie nelle orecchie.»


Non è così raro che il mare nel porto dell'isola ghiacci in inverno, con temperature che si attestano intorno ai -12 °C. Ma le onde semiparalizzate hanno sorpreso anche la comunità scientifica. 

«Non ho mai visto onde ghiacciate come queste», commenta Erin Pettit, glaciologa dell'Università dell'Alaska, «di solito sono le onde a rompere il ghiaccio marino» (e non il ghiaccio a rallentare le onde). 

 In genere l'acqua congela a 0 °C, ma il sale abbassa la temperatura di congelamento dell'acqua di mare a circa -2 °C. Le molecole di sale si scindono infatti in ioni che interferiscono con la crescita dei cristalli di ghiaccio. 
Le distese di mare molto fredde e calme sono quelle che congelano prima. 
Quando Nimerfroh è ritornato sul posto, qualche giorno più tardi, con la temperatura ancora più bassa, il mare era stato ricoperto da una distesa uniforme di ghiaccio. Tutto era immobile e delle onde non c'era più traccia.

 Fonte: focus.it

Mont Saint.Michel torna ad essere un'isola


Mont Saint – Michel è una delle località più suggestive della Normandia: si trova sulla costa settentrionale della Francia, dove sfocia il fiume Couesnon.
 È un isolotto composto da roccia granitica che si eleva a 92 metri sopra il livello del mare (arriva a 170 metri contando la statua di San Michele collocata in cime alla guglia della chiesa abbaziale); ha un diametro di circa 960 metri di circonferenza ed una superficie di circa 7 ettari.
 L’abbazia benedettina fu edificata a partire dal X secolo, ed attualmente si può osservare come stili si siano sovrapposti nel corso degli anni: sono presenti il carolingio, il romanico e il gotico flamboyant.
 I diversi edifici necessari alle attività del monastero benedettino sono stati inseriti nello spazio, angusto, a disposizione.


Il culto di San Michele Arcangelo, ampiamente diffuso in tutta Europa fin da primi secoli dell’alto medioevo, ha fatto di Mont Saint-Michel una delle principali mete di pellegrinaggio della cristianit: è, infatti, uno dei tre maggiori luoghi di culto europei intitolati a San Michele Arcangelo, insieme alla Sacra di San Michele in val di Susa e al santuario di San Michele Arcangelo sul Gargano. 

 All’epoca dei Galli Mont Saint-Michel, come anche la roccia di Tombelaine, sorgevano all’interno della foresta di Scissy e la riva si estendeva ancora fino a oltre 48 km più lontano, inglobando le isole Chausey. 
A partire dal III secolo, però, il livello del suolo si abbassò progressivamente, e il mare inghiottì lentamente la foresta: secondo un manoscritto del XV secolo una marea equinoziale particolarmente violenta avvenuta nel 709 eliminò definitivamente la foresta.


La baia in cui sorge l’isolotto roccioso è soggetta al fenomeno delle sabbie mobili, descritte anche da Victor Hugo, ma è soprattutto nota per l’eccezionale ampiezza delle maree (circa 14 metri di dislivello) che, anche a causa del territorio pianeggiante, montano con grande rapidità, addirittura, si dice, con la velocità di un cavallo al galoppo: questo ha causato talvolta annegamenti e più di frequente disagi per le automobili lasciate parcheggiate troppo a lungo nelle parti più basse.

 Le maree della baia, però, hanno anche dato un decisivo contributo all’inespugnabilità del monte, rendendolo accessibile al minimo della bassa marea via terra e al massimo dell’alta marea solo via mare.
 Mont Saint-Michel, per questo fenomeno, è secondo soltanto alla Baia di Fundy, in Canada, dove la differenza tra bassa e alta marea arriva a toccare i 21 metri.
 Tuttavia, il fenomeno osservato in Normandia è di gran lunga più suggestivo, anche in relazione alla morfologia del luogo che permette un arrivo dell’acqua in grande stile.
 Lo scorso week end questa località suggestiva è tornata ad essere un’isola: la marea, infatti, ha raggiunto i 14,5 metri di dislivello (coefficiente di marea, quindi, 118, su un massimo di 120), e il mare ha circondato completamente Mont Saint-Michel, senza provocare danni grazie alle tempestive misure preventive attuate. 

La marea più suggestiva, però, è attesa tra il 21 e il 22 marzo (l’Equinozio avverrà alle 00:45), quando, secondo le previsioni, il coefficiente di marea arriverà a 119, con un picco massimo appena inferiore, 14,45 metri, il 22 mattina, ma con ben altri 4 picchi sopra i 14 metri tra la mattina del 21 e quella del 23.
 Secondo le previsioni dell’ufficio del turismo locale, in una delle occasioni “l’effetto isola”, che si verifica quando la marea supera i 13,90, si protrarrà per un’ora e mezza Anche se è stata definita la “marea del secolo” in realtà si tratta di un fenomeno che si verifica circa ogni 18 anni a causa di una serie di fattori astronomici, e viene quindi definita in questo modo perché si tratta della prima grande marea del XXI secolo, e non in relazione alla sua portata come si potrebbe pensare.
 L’ultimo evento simile si verificò il 10 Marzo 1997, e i prossimi dovrebbero avvenire, da previsioni, il 3 Marzo 2033 e il 14 Marzo 2051. 

Fonte: amantidellastoria.wordpress.com

Trovati resti mummificati di rinoceronte peloso: specie estinta 10 mila anni fa


È stato da poco scoperto un cucciolo unico nel sui genere: è un piccolo di rinoceronte lanoso, vissuto all'epoca dei mammut. 

Il campione incontaminato del rinoceronte estinto è stato rinvenuto nel permafrost lungo la riva di un torrente in Siberia.
 Lo hanno chiamato Sasha ed è stato descritto come 'sensazionale' dai paleontologi. 
 Gli scienziati stimano che il rinoceronte avesse 18 mesi quando è morto circa 10.000 anni fa.
 Il campione comprende la pelliccia dell'animale, un orecchio, un occhio, le narici, il cranio e la bocca. E ora sperano di essere in grado di estrarre il DNA dai resti della creatura estinta. 

Sasha potrebbe fornire molte risposte alle domande su come sono cresciuti e si sono sviluppati i rinoceronti lanosi, in quali condizioni vivevano e su quali moderni animali sono più vicini a loro. 
La carcassa è stata ben conservata dal ghiaccio e le probabilità di ricavare preziose informazioni sono alte.
 I primi risultati dovrebbero arrivare entro una settimana o due.
 "In un primo momento abbiamo pensato che fosse la carcassa di una renna, ma dopo essersi scongelato abbiamo visto un corno sulla mascella superiore e ho capito che doveva essere un rinoceronte" - spiega Alexander 'Sasha' Banderov, l'uomo che ha fatto la scoperta-. 
"La parte della carcassa che sporgeva dal ghiaccio è stata mangiata dagli animali selvatici, ma il resto era all'interno del permafrost e ben conservato".


Trovare i resti di un rinoceronte cucciolo è molto raro. La possibile spiegazione è che le madri li proteggessero bene, rendendo i casi di attacchi riusciti estremamente rari e il tasso di mortalità basso.
 I rinoceronti lanosi sono meno studiati dei mammut. 
Finora non è mai stato possibile analizzare i loro denti, e ora c'è a disposizione un intero cranio. 

 Roberta Ragni

Un sistema telefonico di 1.200 anni fa


La nostra società moderna è orgogliosa dei recenti progressi scientifici e delle notevoli conquiste tecnologiche.
 Negli ultimi anni, non c’è dubbio che si fatta molta strada in questo senso. Ogni giorno veniamo a sapere dello sviluppo di nuovi gadget tecnologici che hanno lo scopo di migliorare la nostra vita. Eppure, ogni tanto (sempre più spesso, in realtà), ci imbattiamo in alcuni manufatti antichi dimenticati che ci costringono a rivalutare il nostro grado di progresso.
 Siamo davvero molto più intelligenti dei nostri antenati? Forse dovremmo dare agli antichi umani il riconoscimento che meritano? Forse alcune delle nostre invenzioni non sono che reinvenzioni di cose che già esistevano in un lontano passato. 
 Il telefono, per esempio.
 Forse non tutti sanno che il primato sulla paternità del telefono spetta ad una popolazione precolombiana vissuta tra l’800 e il 1470 d.C., conosciuta come Civiltà Chimù, che diede vita al Regno di Chimor.
 Benché non avessero un sistema di scrittura, i Chimù svilupparono uno dei primi esempi di ingegno nell’emisfero occidentale composta da zucche e spago, configurate in modo da ottenere un dispositivo di comunicazione simile al nostro telefono.

 Il dispositivo giaceva dimenticato nel deposito del National Museum of American Indian (NMAI), affiliato allo Smithsonian Institute, in un cartone a prova di umidità.
 L’oggetto è venuto fuori un po’ per caso, attirando l’attenzione dei curatori del museo che hanno deciso di rimetterlo in mostra per permettere ai visitatori di conoscere questa straordinaria invenzione. 

 Questa meraviglia protoingegneristica si compone di due ricevitori di zucca ricoperti di resina, una membrana di pelle cucita alla base dei ricevitori e una corda di cotone lunga 23 metri quando tesa. 

 “Si tratta di un oggetto unico. Non ne sono stati scoperti altri. Proviene dal genio di una società indigena che non aveva nessuna lingua scritta”, spiega Ramiro Matos, antropologo e archeologo specializzato nello studio della Ande centrali e curatore del NMAI. “Purtroppo, non sapremo mai qual è stata l’intuizione iniziale dietro la sua creazione”

 Il passato recente del manufatto è altrettanto misterioso. In qualche modo, non si sa in quali circostanze, è giunto nelle mani di un aristocratico prussiano, il barone Walram V. Von Schoeler, una specie di avventuriero che ha cominciato a scavare in Perù a partire dal 1930.
 Potrebbe essere stato lui stesso a trovare il telefono.
 Nel 1940 si stabilì a New York, e dopo aver accumulato un vasto insieme di reperti, alla fine distribuì la sua collezione nei musei di tutti gli Stati Uniti.


L’apparecchio è stato realizzato quando il Regno di Chimor si trovava all’apice del suo sviluppo.
 Come spiega la rivista dello Smithsonian, quella dei Chimù è stata una cultura abile e inventiva, la prima vera società ingegneristica del Nuovo Mondo, non tanto per l’artigianato e l’oreficeria, ma per lo sviluppo di complessi sistemi di irrigazione e opere idrauliche, capaci di trasformare il deserto in terreni agricoli. 

 La società Chimù era organizzata in maniera piramidale e i ricercatori del NMAI pensano che il dispositivo fosse in uso solo presso la casta sacerdotale.

 L’architettura di Chan Chan, la capitale dei Regno, mostra una zona appartata della città, a testimonianza della rigida separazione tra l’elite dominante e la classe dei lavoratori. “Il telefono era uno strumento progettato per un livello esecutivo di comunicazione, forse per impartire ordini ai cortigiani che si trovavano nelle anticamere del potere, lì dove si prendevano decisioni cruciali e il contatto faccia a faccia con personaggi di status elevato era proibito”, spiega Matos.

 Secondo la leggenda, Chan Chan fu fondata da Taycanamo, il quale arrivò dal mare.




Chan Chan era la città più grande dell’America meridionale precolombiana.
 I resti di questo impressionante insediamento riflettono nella sua struttura un’organizzazione politica e sociale molto rigorosa, sottolineata dalla divisione in nove ‘cittadelle’ o ‘palazzi’ che costituiscono delle unità indipendenti, distribuite su un’area di circa 6 km².
 Le pareti degli edifici erano riccamente decorati con fregi raffiguranti motivi astratti e soggetti antropomorfi e zoomorfi. 

Attorno ai nove complessi si sviluppavano i quattro settori destinati alla produzione tessile e alla lavorazione del legno e dei metalli. Ampie aree agricole e un sosfisticato sistema di irrigazione sono stati trovati nelle zone esterne della città. 

 Sulla base di ciò che è noto, nel 1470 i Chimù furono conquistato dagli Inca. 
Il Regno di Chimor fu l’ultimo ad avere qualche possibilità di fermare l’avanzata Inca. Ma la conquista Inca fu fatta partire nel 1470 da Túpac Yupanqui, che sconfisse l’imperatore locale Minchancaman, discendente di Tacaynamo, e fu completata da Huayna Cápac quando salì al trono nel 1493.

 Tratto da : ilnavigatorecurioso

Ragni colorati per gli aracnofobici


L’aracnofobia è una delle paure più diffuse: per ragioni non ancora del tutto comprese, sono innumerevoli le persone che, alla sola vista di un minuto ragno, scappano a gambe levate in preda a pianti, crisi di panico e lacrime. 
Eppure un paio di esemplari promettono di diventare i migliori amici degli aracnofobici. 
Come? 
Con un corpo colorato e davvero irresistibile.




Scoperti in Australia, e ribattezzati “Skeletorus” e “Sparklemuffin”, questi ragni si caratterizzano per un corpo estremamente colorato, grandi occhi e una naturale inclinazione alla danza.
 Appartenenti alla famiglia dei Maratus, già conosciuta e studiata dagli inizi del ’900, questi due esemplari costituiscono due sottospecie a se stanti: quelle dei Maratus jactatus e dei Maratus sceletus.

 La coppia di ragni è stata rinvenuta in Australia, nel Queensland, grazie alle ricerche sul campo di Madeline Girard, una studentessa dell’Università della California-Berkeley.
 Appassionata di ragni pavone, così chiamati per la loro capacità di sollevare la parte del corpo posteriore in modo molto simile al volatile, l’esperta ha rinvenuto degli esemplari dalle caratteristiche uniche.
 Il primo è completamente zebrato, tanto da ricordare quegli scheletri che si è soliti indossare la notte di Halloween.
 Il secondo presenta un corpo blu cobalto, solcato di striature rosse e completato da un ciuffetto finale. 

Mentre quest’ultimo ricorda la sua famiglia d’appartenenza, il ragnetto scheletrico apparirebbe del tutto inedito, così come conferma l’entomologo said Jürgen Otto: 

 Lo Skeletorus appare drammaticamente differente rispetto agli altri ragni pavone fino a oggi conosciuti, questo mi fa pensare che questo gruppo sia forse più diverso di quanto preventivato. [...] Nonostante il grande numero di specie che abbiamo scoperto in soli pochi anni, credo che abbiamo sollevato soltanto la superficie del gruppo più eccitante di ragni e che la natura abbia in serbo altre sorprese. 

 Da : greenstyle.it
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