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venerdì 27 marzo 2015

L’Uomo di Altamura era un Neanderthal, il Dna lo conferma


L’analisi del Dna conferma che l’uomo di Altamura era un Neanderthal, vissuto circa 150 mila anni fa: è quanto mostrano i primi dati che arrivano dallo studio del materiale genetico estratto dal fossile. 
Pubblicata sulla rivista Journal of Human Evolution, la ricerca è coordinata dal paleoantropologo Giorgio Manzi dell’università Sapienza di Roma e dall’antropologo David Caramelli dell’università di Firenze.
 È il Dna più antico per un Neanderthal e potrà aiutare a ricostruire l’evoluzione umana in Europa prima dell’arrivo dell’uomo moderno, ossia il Sapiens, ha spiegato Manzi.

 Conosciuto come ‘uomo di Altamura’, il fossile è stato scoperto nel 1993 nella grotta di Lamalunga, vicino ad Altamura (in provincia di Bari). 
Appartiene a un uomo che precipitò 150 mila anni fa in un pozzo naturale dove morì di stenti.
 È l’unico scheletro completo di un Neanderthal mai scoperto ed è ricoperto di un rivestimento calcareo di stalattiti che lo ha protetto fino ai giorni nostri.

 ”Le analisi del Dna – spiega Manzi – sono appena cominciate ma ci danno già informazioni importanti, per esempio confermano che l’uomo di Altamura è un Neanderthal molto arcaico e questo spiega alcune caratteristiche dello scheletro: come le strutture ossee della faccia tipica dei Neanderthal, a differenza del cranio più arcaico”
.

L’uomo di Altamura, prosegue, ”rappresenta una formidabile ricchezza per il territorio dell’Alta Murgia, un tesoro da valorizzare grazie agli studi che si faranno sui resti”. 
C’è molto da conoscere da un simile reperto umano: il Dna potrebbe svelare anche il ritratto di questo uomo preistorico. 
”La speranza per il prossimo futuro – sottolinea – è che questo scheletro fossile possa rappresentare il fulcro di una combinazione virtuosa fra ricerca scientifica, tutela del patrimonio e sua piena valorizzazione”.

 Al gruppo di ricerca partecipano fra gli altri, gli archeologi Carmine Collina e Marcello Piperno della Sapienza e il genetista Guido Barbujani dell’università di Ferrara e dell’università di Firenze. 

www.ansa.it

La "cascata sottomarina" davanti all'Isola di Mauritius


Qualcosa di molto strano sta forse accadendo davanti a Mauritius, una delle perle dell'Oceano Indiano, a quasi 2 mila chilometri dall'Africa. 
 Il basso fondale sabbioso al largo della punta sudoccidentale dell'isola sembra aprirsi in uno squarcio, che lascia precipitare l'acqua cristallina verso una voragine blu scuro. 
Che si tratti di una cascata sottomarina o di qualche altro insolito fenomeno geologico?


Niente di tutto ciò.
 Si tratta, come è facile immaginare, di un'illusione ottica favorita dalla prospettiva aerea di questi scatti.
 A creare l'effetto tridimensionale di un salto d'acqua sottomarino sono i depositi di sabbia e fango creati dall'acqua della risacca. L'ampia gamma di colori dell'oceano e del fondale completa lo scherzo fotografico.


Basta infatti osservare la punta sudovest dell'isola da un'altra angolazione per veder sparire l'ipnotica illusione.
 L'idea di una cascata sottomarina rimane però, molto affascinante, come tutto ciò che riguarda il mondo - ancora poco conosciuto - degli oceani.


La penisola di Le Morne Brabant, questo il nome del promontorio, ospita un blocco di roccia basaltica alto 556 metri da cui si gode di una splendida vista.
 L'altura e la laguna circostante sono, dal 2003, Patrimonio dell'Umanità tutelato dall'Unesco, e non solo per il valore paesaggistico.
 In alcune grotte di questa collina, protetta dalla vegetazione e un tempo praticamente inaccessibile, si rifugiarono, nel 1800, piccole comunità di schiavi fuggiaschi (Mauritius fu infatti, fino al XIX secolo, uno dei centri nevralgici per lo smistamento di schiavi africani).
 Si racconta che nel 1835, quando la schiavitù fu abolita per legge sull'isola, una pattuglia di poliziotti si recò sull'altura per dire agli schiavi che erano liberi e che questi, non avendo capito il messaggio, si gettarono in mare per non perdere di nuovo la libertà, morendo per l'impatto.

 Da allora il colle è simbolo della lotta contro la schiavitù e della difesa dei diritti umani. 

Tratto da: focus.it

Lo scoiattolo volante siberiano: l'animale piu' carino del mondo


Se ci fosse un premio per la creatura più carina e dolce del mondo, lo scoiattolo volante siberiano avrebbe certamente la possibilità di vincerlo. 
Questo abitante degli alberi dagli occhioni languidi e giganti potrebbero provenire direttamente da un film Disney.

 Completano il quadro, oltre ai grandi occhi scuri, il manto candido, le adorabili zampette e il musetto espressivo.
 Sì, lo scoiattolo volante siberiano (Pteromys volans Linnaeus, 1758) è uno degli animali più carini che esistano, tanto da essere diventato una mascotte locale dell'Isola di Hokkaido, in Giappone, uno dei luoghi in cui vive.
 Qui appare sulle carte ricaricabili di biglietti della ferrovia regionale. 
Originario delle regioni settentrionali dell'Eurasia, è un animale nordico, come spiega Wikipedia. 
In Europa vive in Finlandia, Estonia, Lettonia e nei boschi della Russia settentrionale. Vive anche in Cina e Corea, oltre alla già citata Hokkaido. è completamente notturno e per questo ha occhi molto grandi, tondi e neri, che gli permettono di vedere di notte.




Come vola? 
Una membrana di pelle, morbida ed estensibile, unisce i fianchi agli arti anteriori, fino ai gomiti, e agli arti posteriori, fino alle caviglie.
 Questa consente loro di planare lentamente, con una traiettoria poco inclinata.
 È anche capace di cambiare direzione mentre è in volo e di effettuare voli ascendenti seguendo le correnti d'aria.


Lo scoiattolo siberiano volante è stato dichiarato in pericolo di estinzione per via della perdita del suo habitat.

 Roberta Ragni
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