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giovedì 4 giugno 2015

Ritrovati i resti dell’Arco di Tito al Circo Massimo di Roma


L’ultimo ad aver visto ancora in piedi l’Arco di Tito al Circo Massimo di Roma fu l’Anonimo di Einsiedeln che nell’VIII secolo ne aveva trascritto l’iscrizione sull’attico. 
Poi l’oblio. Vuoi per il degrado inesorabile del tempo, vuoi perché il fornice centrale nel XII secolo fu inglobato nel canale dell’Acqua Mariana (acquedotto medievale fatto costruire da Callisto II nel 1122), vuoi per le spoliazioni subite nei secoli.
 Ma della monumentalità dell’arco di Tito al Circo Massimo si era certi.
 La pianta la conosciamo dalla Forma urbis, la struttura dalle rappresentazioni che si sono susseguite tra il II e il IV secolo. Ma niente di concreto.

 Fino a qualche giorno fa quando gli archeologi della soprintendenza capitolina durante i lavori di scavo, restauro e valorizzazione dell’emiciclo del Circo hanno ritrovato alcuni grandi frammenti architettonici in marmo lunense pertinenti alla zona dell’attico e alla trabeazione dell’Arco realizzato al centro dell’emiciclo del Circo Massimo in onore dell’imperatore Tito nell’anno della sua morte, nell’81, per celebrare la sua vittoria sui Giudei e la distruzione di Gerusalemme. 
“Straordinario ritrovamento”, ha scritto l’assessore alla Cultura di Roma Giovanna Marinelli.


Le indagini, ancora in corso, sono risultate molto complesse poiché lo scavo è realizzato al di sotto della falda di acqua che ricopre gran parte delle strutture archeologiche.
 È stato riscoperto il pavimento antico in lastre di travertino e sono stati messi in luce tre plinti frontali e parte del plinto della quarta colonna.
 Il potente strato di riporto che copriva parte delle strutture antiche ha permesso anche la conservazione di alcune strutture murarie tardoantiche o altomedievali di particolare importanza, attualmente in fase di studio.


Il monumento era a tre fornici intercomunicanti, con una platea e una scalinata sulla fronte verso il circo, mentre si collegava con due gradini con il piano di calpestio esterno all’edificio.
 La fronte era caratterizzata da 4 colonne libere e 4 lesene retrostanti aderenti ai piloni. 
Era sormontato, sull’attico, da una grandiosa quadriga bronzea. 

L’arco assumeva un ruolo particolarmente importante nel corso delle processioni trionfali che celebravano le vittorie dei generali o degli imperatori.
 Il lungo corteo trionfale, dopo aver sfilato lungo il Circo Massimo e avere raccolto l’ovazione della folla, passava al di sotto dell’arco e proseguiva il suo cammino diretto al tempio di Giove Capitolino, sul Campidoglio.


Dallo studio dei reperti è stato calcolato che l’ampiezza dell’arco doveva essere di circa 17 metri, per una profondità di circa 15, mentre le colonne dovevano sviluppare un’altezza di oltre 10 metri. Un monumento che, anche se nel complesso più piccolo di quello di Settimio Severo posto sulla via Sacra via, doveva impressionare non poco, per magnificenza e ricchezza di decorazioni, quanti entravano in Roma dalla Via Appia attraverso la vicina Porta Capena. 
È attualmente in fase di realizzazione, in collaborazione con il Dipartimento Architettura dell’Università di Roma Tre, la ricostruzione virtuale del monumento.

 Purtroppo l’indagine, per la natura del terreno, come si diceva è molto complessa e comporta scelte dolorose, come spiegano all’assessorato comunale: “In attesa delle nuove risorse necessarie per l’eliminazione delle infiltrazioni d’acqua, per la ricostruzione con la tecnica dell’anastilosi dell’arco, nonché per evitare rischi di danneggiamento, tra qualche giorno l’area del ritrovamento sarà reinterrata”. 

 Fonte: archeologiavocidalpassato.wordpress.com

Lo strano caso del chirocefalo, mostro da pozzanghera


Il chirocefalo, “essere” uscito direttamente dai racconti di H.P. Lovecraft sembra pronto a ghermirci con il suo apparato buccale, a metà tra quello di un polpo e quello di un insetto. 
Tutto a posto, tranquilli, non è Cthulhu – la creatura cosmica dei romanzi dello scrittore americano – bensì qualcosa di immensamente più piccolo e inoffensivo, ma allo stesso tempo molto interessante: un crostaceo appartenente al genere Chirocephalus.


Questi curiosi animali possiedono caratteristiche tra le più primitive nei Crostacei e uno stile di vita estremo. 
Con le abbondanti piogge primaverili alcuni avvallamenti nel terreno si riempiono velocemente d’acqua, ma altrettanto velocemente si prosciugheranno, diventando uno dei luoghi più inospitali al mondo per un animale dotato di branchie. 
Tuttavia, i chirocefali sono preparati a questo, e nel fango di quelle pozze effimere si trovano le loro uova che, da mesi – forse anni –, stanno aspettando l’arrivo delle piogge. 
Dopo un accrescimento velocissimo, i maschi vanno alla ricerca delle femmine, con cui si accoppiano in modo apparentemente brutale, tenendole ferme con i loro apparati boccali. 
Dopo l’accoppiamento le femmine produrranno alcune centinaia di uova, deposte nel morbido substrato di fango della pozza.


La fase larva-adulto dura al massimo poche settimane, ma basta per fare in modo che la specie sopravviva e prosperi in quello che sarebbe un inferno per molti altri animali.

 Dopotutto, forse, Cthulhu esiste… è solo molto più piccolo di quello che pensavamo.

 Fonte www.rivistanatura.com
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