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giovedì 28 aprile 2016

I delfini hanno un linguaggio che li aiuta a risolvere i problemi insieme


«Anche se molte specie si sono dimostrate in grado di cooperare per raggiungere obiettivi comuni, il ruolo della comunicazione nella cooperazione ha ricevuto relativamente poca attenzione», parte da qui lo studio “Acoustic behavior associated with cooperative task success in bottlenose dolphins (Tursiops truncatus)”.che team di ricercatori di Dolphins Plus e dell’università del Southern Mississippi ha pubblicato su Animal Cognition e che sottolinea che «L’analisi della comunicazione tra i partner è fondamentale nel determinare se le azioni sono davvero cooperative piuttosto che fortuite o apprese tramite tentativi ed errori»

 I ricercatori statunitensi evidenziano che «I cetacei selvatici spesso producono suoni durante il foraggiamento cooperativo, il gioco, e l’accoppiamento, ma il ruolo di questi suoni a eventi cooperativi è in gran parte sconosciuto», per questo hanno studiato comunicazione acustica tra due tursiopi (Tursiops truncatus) maschi mentre collaboravano ad aprire un contenitore e dicono che le analisi dei fischi, degli “impulsi burst” e delle bi-fonazioni avvenuti in quattro contesti – senza contenitore, nessun animale che interagisce con il contenitore, un animale che interagisce con il contenitore, e due animali che interagiscono con contenitore – «ha rivelato che il livello complessivo di produzione di suono è significativamente aumentata durante le interazioni con contenitore. 

I livelli di produzione di suono sono stati significativamente più alti anche durante i successi cooperativi che durante i successi da solista, suggerendo che il coordinamento degli sforzi, piuttosto che l’apparato stesso sia responsabile dell’aumento della fonazione. Il tipo di suono più comune durante successi della cooperazione sono stati segnali ad “impulsi burst”, simili alle registrazioni passate di eventi di cooperazione nei tursiopi». 

 La giovane biologa Holli Eskelinen, vice-direttrice per la ricerca di Dolphins Plus e il suo team hanno presentato a un gruppo di 6 delfini in cattività un contenitore chiuso pieno di cibo.
 Il contenitore poteva essere aperto solo simultaneamente tirando una corda alle due estremità.
 I ricercatori hanno condotto 24 test con il contenitore metallico, durante il quale erano presenti. tutti e 6 i tursiopi, solo 2 di loro non sono mai riusciti a risolvere il problema e a raggiungere il cibo.
 La coppia di tursiopi che ha avuto più successo è riuscita ad aprire il contenitore 20 volte di seguito in soli 30 secondi.


Negli altri 4 test, uno dei delfini è riuscito a risolvere il problema da solo, ma questo è stato molto più difficile e ha richiesto più tempo. 
 «Ma, – come scrive su New Scientist Robin Wylie – la vera sorpresa è arrivata dalle registrazioni delle vocalizzazioni fatte dai delfini hanno fatto durante l’esperimento.
 Il team ha scoperto che quando i delfini lavoravano insieme per aprire il contenitore, facevano più vocalizzazioni di quelle che facevano durante l’apertura del contenitore da soli o quando il contenitore non era presente o quando non c’era nessuna interazione con il contenitore in piscina».
 In particolare, i ricercatori sono stati in grado di dimostrare che l’aumento delle “chiacchiere” era direttamente correlato al compito di aprire il contenitore e non alle normali interazioni sociali tra i delfini. 
 Durante i test, quando uno dei tursiopi apriva il contenitore da solo, uno o più degli altri delfini erano presenti nelle vicinanze, monitorandone l’attività, ma in queste occasioni non c’è stato nessun aumento delle “chiacchiere” e il team di ricercatori ha concluso che «L’aumento degli scambi vocali durante l’apertura contenitore in comune è legato al compito stesso, e non alla presenza di un altro delfino».

 La Eskelinen ha detto che «Questa è la prima volta che possiamo dire in maniera definitiva che le vocalizzazioni dei delfini sono state utilizzate per risolvere un compito cooperativo». Diversamente dalla maggior parte delle vocalizzazioni dei delfini, i cosiddetti “impulsi burst” emessi dai delfini sono udibili agli esseri umani, «Sapevamo già che i delfini utilizzano gli “impulsi burst” durante l’interazione sociale e l’ecolocalizzazione – dice Leigh Torres , un ecologo marino della Oregon State University che non ha partecipato allo studio – questi nuovi risultati suggeriscono che gli “impulsi burst” possono avere un altro scopo sofisticato. 

Questo studio dimostra chiaramente che i delfini utilizzano la comunicazione vocale per risolvere insieme i problemi. 
I risultati puntano verso la possibilità di un linguaggio dei delfini che consente loro di risolvere i problemi in team».

 Fonte: greenreport.it

Fontane e camelie: la stupenda villa Aldobrandini riapre i cancelli nel cuore di Roma




Era stata chiusa nel 2013 per gli interventi di restauro e la messa in sicurezza, ma in questi giorni è tornata a risplendere nel cuore di Roma. 
 Parliamo di Villa Aldobrandini, il giardino pensile seicentesco, vicino al Rione Monti e in prossimità dei Mercati di Traiano. 

Acquisita dagli Aldobrandini, la Villa ospita antichi marmi e notevoli dipinti, ma è sicuramente la ricca vegetazione a dare un tocco in più a questo splendido giardino purtroppo poco conosciuto.
 Dal 1926, Villa Aldobrandini è proprietà dello Stato, proprio in quegli anni, durante i lavori di rimodernamento fu scoperto un vasto complesso archeologico. 

 Oggi i suoi cancelli si sono riaperti grazie alla Sovrintendenza Capitolina con il recupero delle antiche fontane da anni senza acqua, il rinnovo degli arredi, il ripristino dell’impianto di irrigazione, il rifacimento della pavimentazione e la sistemazione dei sentieri.








E ancora il restauro di marmi antichi, delle basi che sorreggono le statue del giardino e il recupero degli elementi architettonici deteriorati dei padiglioni.
 Il Servizio giardini si è invece occupato della parte botanica, per anni vittima di incuria e vandalismo.
 Villa Aldobrandini ospita infatti numerose specie di alberi e fiori, tra cui le camelie piantate da oltre cento anni.


In area archeologica gli interventi - che non sono ancora conclusi - hanno permesso la messa in sicurezza di murature e aree a rischio. Il giardino pensile è stato poi dotato di un sistema di videosorveglianza per evitare che gli spiacevoli episodi passati si ripetano. 

 Un’altra parte di verde storico riconsegnato alla città, per il quale l’Amministrazione si sta attivando per trovare un’adozione. 
La proposta è stata già avanzata alla Banca d’Italia che ha mostrato la disponibilità ad accoglierla, ha dichiarato Sabrina Alfonsi, presidente del Municipio Roma I Centro durante l’inaugurazione. 

L'auspicio adesso è questo bell'angolo della Capitale non torni nel degrado.

 Dominella Trunfio
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