web

venerdì 17 giugno 2016

Rilevate per la seconda volta le onde gravitazionali


Ancora due buchi neri lontanissimi, ancora una loro fusione che dà origine a un unico e più massiccio oggetto dello stesso tipo. 
 L'eco di questo catastrofico e lontanissimo evento, che risale a 1,4 miliardi di anni fa, è arrivato fino a noi, in forma di onde gravitazionali, ed è stato rilevato il 26 dicembre 2015 dai due interferometri gemelli della collaborazione LIGO, entrambi negli Stati Uniti, uno in Louisiana, e l'altro nello Stato di Washington. L'esperimento ha così ripetuto la storica scoperta avvenuta il 14 settembre 2015, con la prima rilevazione diretta di onde gravitazionali. 

L'annuncio è stato dato a San Diego, al convegno dell'American Astronomical Society (AAS), mentre una descrizione dettagliata della scoperta è in via di pubblicazione sulle “Physical Review Letters”. 
 La rilevazione delle onde gravitazionali è un’ennesima conferma sperimentale della relatività generale. 
In questa teoria, resa pubblica da Albert Einstein nel 1915, le masse deformano lo spazio-tempo allo stesso modo in cui una palla da bowling posata su un letto deformerebbe un lenzuolo posto sulla sua superficie. 
Una seconda massa più piccola posta nelle vicinanze rotolerebbe lungo la pendenza così prodotta, dirigendosi verso la palla da bowling: è così che si spiega l’attrazione gravitazionale che si produce tra due oggetti dotati di massa presenti nell’universo. 

 Una delle previsioni più eclatanti di questo modello è che la deformazione dello spazio-tempo prodotta da una qualunque massa in movimento dovrebbe propagarsi nello spazio come un’onda. Tuttavia, l’effetto è così piccolo da sfuggire a qualunque misurazione fisica. 
Solo eventi estremi, come la fusione di due buchi neri sono in grado di generare onde tanto intense da arrivare sul nostro pianeta e produrre un segnale in appositi strumenti come gli interferometri. Come sono appunto riusciti a fare lo scorso settembre, dopo anni di tentativi e di progressi negli apparati sperimentali, gli interferometri di LIGO, nell’ambito di una collaborazione internazionale con l’interferometro europeo VIRGO, costruito a Cascina, poco lontano da Pisa, che vede un fondamentale contributo dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN).
 Ora siamo al secondo evento che, in base ai parametri misurati, è stato prodotto da due buchi neri con masse di 14 e 8 masse solari, i quali, fondendosi, hanno prodotto un unico buco nero di 21 masse solari: la massa mancante è stata convertita in energia delle onde gravitazionali.


“Questo secondo evento ha caratteristiche sensibilmente diverse dal primo: è infatti generato da buchi neri più leggeri di quelli del precedente segnale e siamo stati in grado di seguirne l’evoluzione per più tempo; questo ci ha consentito di caratterizzare bene il sistema, nonostante il rapporto tra il segnale e il rumore di fondo fosse di minore intensità”, spiega Fulvio Ricci, ricercatore INFN e professore alla Sapienza Università di Roma, a capo della collaborazione scientifica internazionale VIRGO. 
 “La caccia ai segnali generati da sistemi binari di buchi neri – continua Ricci – si è anche arricchita di un terzo evento, più debole degli altri due e quindi con una probabilità più elevata che possa essere una falsa rilevazione. 
Tuttavia, anche in questo caso, attribuendo a questo terzo evento un significato astrofisico, saremmo di fronte a un terzo sistema di buchi neri, che è collassato a formare un buco nero finale.
 In sostanza, siamo intravedendo l’esistenza di un’intera popolazione di buchi neri, le cui caratteristiche saranno ben presto svelate nelle prossime fasi di presa dati degli interferometri avanzati”.
 L’evento rilevato a dicembre 2015 è avvenuto a circa 1,4 miliardi di anni luce da noi, in una posizione del cielo che può essere determinata misurando lo sfasamento tra le rilevazioni in punti diversi sulla Terra. 
Il segnale delle onde gravitazionali è stato registrato dall’interferometro in Louisiana con 1,1 millisecondi di anticipo rispetto all’interferometro nello Stato di Washington, ma non è abbastanza. Occorrerebbe infatti un terzo interferometro per poter effettuare una triangolazione.
 “Quando nel prossimo autunno entrerà in funzione l’interferometro europeo VIRGO, sarà possibile restringere la porzione di cielo in cui ha avuto luogo il processo di fusione dei due buchi neri”, aggiunge Gianluca Gemme, responsabile nazionale INFN di VIRGO. “Questo darà un contributo sostanziale alla nuova astronomia gravitazionale e all’astronomia multi-messaggero: potremo dare l’allerta agli altri esperimenti, telescopi sia terrestri sia spaziali per la rivelazione di fotoni gamma, raggi cosmici o neutrini, per esempio, in modo che si orientino, praticamente in tempo reale, nella direzione della sorgente per individuare altri eventuali messaggeri cosmici emessi da essa”. 
 In sintesi, è un po’ come avere un senso nuovo con cui esplorare il cosmo. 
“Nessuno può dire che cosa scopriremo con questo nuovo strumento sensoriale, ma la storia insegna che ci aspettano molte sorprese”, afferma Marco Pallavicini, presidente della Commissione nazionale INFN per le ricerche di fisica astroparticellare. 
 “Gli osservatori per onde gravitazionali rappresentano uno strumento unico per indagare il cosmo, perché questi particolarissimi messaggeri cosmici portano con sé informazioni che non saremmo in grado di ottenere in altro modo”, conclude Federico Ferrini, direttore dello European Gravitational Observatory EGO, che ospita e gestisce l’interferometro VIRGO. 

 Fonte: http://www.lescienze.it/
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...